Innovation Stories

AI e creatività: da Hollywood al futuro della tecnologia con Dario Di Zanni

Daniele Di Veroli

Un viaggio illuminante attraverso l'intersezione tra tecnologia e creatività con Dario, ex-executive Disney e Paramount, ora a capo del suo Venture Studio a Los Angeles. Questa conversazione approfondita esplora come l'intelligenza artificiale stia democratizzando l'accesso alla creazione e distribuzione di contenuti, abbattendo barriere che per decenni hanno limitato l'espressione creativa.

Dario condivide la sua prospettiva unica, frutto di anni di esperienza nei più grandi studios hollywoodiani, sull'evoluzione dei media digitali e su come l'IA stia ridefinendo i processi creativi. Contrariamente alle visioni apocalittiche, ci mostra come questi strumenti amplifichino le capacità umane piuttosto che sostituirle, sottolineando l'importanza della qualità dell'input umano per ottenere risultati significativi - "garbage in, garbage out".

Particolarmente illuminante è l'analisi del "peccato originale" dei modelli di IA generativa, addestrati con dati estratti senza consenso, e di come questo sollevi questioni etiche fondamentali sul futuro della creatività. Dario esplora anche come i grandi studios stiano approcciano queste tecnologie emergenti, spesso con una visione più tattica che strategica, e come un ricambio generazionale nella leadership sia necessario per un vero allineamento con le aspettative del pubblico.

La conversazione si espande verso riflessioni profonde su come la tecnologia ci stia obbligando a ripensare valori fondamentali, modelli di distribuzione della ricchezza e della conoscenza, e persino il concetto stesso di successo e felicità. Un invito appassionato alla curiosità e all'apertura mentale, per navigare consapevolmente questa rivoluzione tecnologica che sta ridisegnando il nostro futuro.

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Speaker 1:

Ciao, dario, benvenuto su Innovation Stories, il podcast che parla di innovazione e growth mindset. Grazie di aver accettato il mio invito e ovviamente tu, quale innovatore, sei uno degli ospiti, tra l'altro il primo ospite, tra le altre cose, che non vive in Italia perché tu vivi negli States. Vorrei innanzitutto che ti introducessi per i nostri ascoltatori e che, insomma, raccontassi un po' a chi non ti conosce quello che è il tuo background, come sei finito negli States e anche la tua esperienza professionale come innovatore, perché, per chi non avesse letto l'abbio che abbiamo messo in descrizione, hai lavorato tanti anni in Disney e, insomma, adesso hai una nuova azienda.

Speaker 2:

Quindi vorrei che un po' ti introducessi ai nostri ascoltatori certo, intanto grazie per l'opportunità e mi fa molto piacere essere qui a fare questa chiacchierata con voi. Allora, dario, io sono vivo a Los Angeles con la mia famiglia dal 2012, ma sono in America dal 2010,. Siamo arriv in America dal 2010. Siamo arrivati qui sulla spinta di un paio di cose, un po' l'idea e alcuni sogni che volevo realizzare, appunto da innovatore, alcune idee e alcune, come dire, ipotesi sul consumo dei media, sulla creazione dei media, che volevo provare un po' a implementare e facevo molta fatica dalla posizione in cui ero in Italia quando sono partito nel 2010 a cercare di implementarle. Quindi, lasciato l'Italia allora ero con Disney e all'epoca avevo un ruolo globale di sviluppo della parte digital su tutto quello che era il mondo dei fumetti, che è un mondo all'interno del patrimonio culturale Disney, un mondo che attascia molti punti di contatto con l'Italia, dall'accademia Disney alla tradizione italiana di scrittura, di disegno.

Speaker 2:

Io ho avuto sempre, come un po', la passione personale per la tecnologia sin da quando ero molto piccolo. Ho ricevuto il mio primo, la mia prima console di videogiochi quando avevo sei anni, il mio primo computer, quando ne avevo otto, che ho subito smontato il giorno due ho subito smontato aperto per cercare di capire un po' come funzionava. Sono un po', come dire, per natura, una persona molto curiosa. Sin da piccolo sono stato affascinato dal mondo della comunicazione e dei media, non lo nascondo, un po' venendo da una famiglia tradizionale, ma comunque che mi ha permesso di fare viaggi ed esperienze. Ho vissuto molto l'opportunità, da un lato, ma anche la curiosità di capire come funzionavano questi strumenti che permettevano, dal Papa a chi altri di parlare a milioni e miliardi di persone contemporaneamente, avere un impatto e un'influenza sulla cultura, sullo storytelling nazionale, internazionale, che fa parte, come dire, del nostro tessuto personale e sociale. Mi sono subito appassionato a internet, prima che fosse chiamato internet, mi sono appassionato al mondo della programmazione. Ho fatto un po' di hacking da ragazzo.

Speaker 2:

Bluebox, cose di questo genere, bluebox nel senso, cose diciamo in realtà mi occupavo un po' più di cyber security, se vogliamo per internet e quindi sulle BBS e i protocolli.

Speaker 2:

Mi ero un po' intrippato quando ero un ragazzino, su quella parte lì, e ho passato qualche anno a cercare a capire, a creare, a rompere, a distruggere, a ricreare pezzi di codice. Qualcosa poi mi ha reso abbastanza capace di capire e di poter interfacciarmi con ingegneri, con persone che lavorano in uno sviluppo di software, eccetera. Però mi sono subito. Ho subito capito che non volevo andare in galera facendo like e ho preferito prendere la strada del college. E peraltro ci siamo incontrati, abbiamo avuto un modo, in un momento magico a Siena, di vivere e di vedere l'avvento di tecnologie future che si stavano sviluppando. Come ricorderai, siena fu la prima città cablata d'Italia e quindi come studenti, come corpo studenti e docenti, abbiamo avuto subito dall'inizio accesso al magico mondo di internet. E da quel punto in poi, diciamo, il mio interesse e la mia carriera si sono concentrati molto sui media digitali, dal videogaming, digital music, digital video, digital content in generale, sicuramente dalla parte creativa e produttiva, però ancora di più da parte distributiva e di marketing.

Speaker 2:

Dopo una breve esperienza a Siena in ambito universitario e parauniversitario, ho fatto un master a Milano e da lì sono entrato nel mondo del publishing in Mondadori, prima, poi nel mondo dell'on. Video, in Paramount e da lì in Disney con questo ruolo focalizzato, con questo ruolo focalizzato e concentrato a costruire il loro business di fumetti digitali. Poi, da lì, l'avvento degli smartphone, quindi lo sviluppo delle prime applicazioni mobile pre-iPhone, poi l'avvento dell'iPhone e dell'ecosistema Apple, che ha aperto le porte al consumo di massa dei contenuti digitali, per poi arrivare, appunto, l'ipad e poi tutto il mondo del social gaming e poi il mondo del gaming in generale e poi, come dire, i primi approcci di Disney allo streaming. Ho avuto la fortuna di essere parte di sempre dei Tiger Team che venivano un po', come dire, a cui veniva assegnato il compito, l'onere di innovare, di cercare di capire cosa stava succedendo, appunto, del mondo sia della creatività che della distribuzione dei contenuti.

Speaker 2:

E quindi queste opportunità alla fine mi hanno permesso di sviluppare, di fare tante cose diverse, dal business development alla tecnologia, all'r&d, alla produzione, principalmente, ovviamente il publishing e il go to market, appunto, di prodotti gaming, di prodotti con connettività tra toys e gaming, tra toys e tv e canali social.

Speaker 2:

E quindi, come dire, sono stato sempre molto fortunato di avere l'opportunità di essere la parte apicale dell'onda, con l'empowerment e un po' di budget anche per andare a sperimentare, a fare cose di natura innovativa, fast forward. Adesso lavoro, ho il mio venture studio e ci occupiamo appunto di sviluppare IP, proprietà intellettuali, come business, e quindi non solo come proprietà intellettuali ma creando, come dire, la struttura, l'infrastruttura sotto e attorno alla proprietà intellettuale per diventare un business. Crediamo molto, come dire, nel potere trasformativo della tecnologia, ma ancora di più crediamo molto nel potere trasformativo che le comunità e le audience hanno rispetto alla scoperta, alla discoverability, al consumo, ma anche alla fruizione, pagata o meno, di contenuti. Vediamo un'opportunità nel creare, nel stabilire un nuovo template, se vogliamo, per quello che può essere uno studio del futuro, appunto, focalizzato sulla tecnologia, sui media interattivi e sulla creative ownership.

Speaker 1:

Ok, hai toccato tantissimi punti interessanti. Io estrarrei intanto due elementi. Allora uno e in questo trovo tanti punti in comune con la mia esperienza diciamo tu ti occupi un po' di tecnologia e creatività, cioè sei una persona che a un certo punto ha scelto, anche se lo sapeva fare, di non sviluppare codice ma di andare più nella parte di comunicazione. Siccome tante persone a me contattano recentemente soprattutto studenti per capire e commentare in questo mondo, vorrei che sottolineassi un po' l'importanza di questo essere a metà di quanto è importante la multidisciplinarità. Il secondo tema che vorrei che affrontassi è questo tu prima parlavi di storytelling, di creazione di IP. Allora io recentemente ho utilizzato Minimax, che è un modello AI di Singapore cinese comunque che fa text to video. In questo senso, secondo te come impatta l'intelligenza artificiale nella produzione dei contenuti ed in particolare legata ai modelli AI, cioè il fatto che oggi chiunque con un prompt può realizzare qualcosa che prima magari c'era bisogno di settimane o mesi di produzione per farlo esatto quindi, questi due punti vorrei che toccassi per chiunque vuole cercare di entrare in questo mondo.

Speaker 2:

Secondo me non esiste più l'opportunità di dire voglio lavorare in un ambiente creativo o media, ma non capisco di tecnologia. La tecnologia è stata di fatto il driver negli ultimi 30 anni. È stato il driver della disruption, dei più grossi fenomeni di disruption dei modelli di business, dei modelli di fruizione del contenuto, dei modelli di distribuzione e monetizzazione dei contenuti. Tutti i grandi cambiamenti sono avvenuti, guidati da qualche forma evento fortemente innovativo internet prima di tutto, lo smartphone, quindi la miniaturizzazione e la portabilità dei device personali. Adesso abbiamo tutti un microcomputer nella tasca e prima i microcomputer erano macrocomputer e stavano negli stanzioni governativi. Quindi non credo che sia possibile per chiunque voglia approcciare questo mondo come una carriera o come un'opportunità e non credo sia più possibile dire no, ma io non mi occupo di tecnologia in qualche livello, in qualche modo bisogna essere molto consapevoli e molto curiosi. Sicuramente curiosità è sicuramente uno dei tratti che mi contraddistingue, che contraddistinto e continuo a contraddistinguere tutto quello che faccio a livello personale e professionale. Parlando appunto di AI, sento tanta ideologia in questo momento, sono tanti ideologi dell'AI che postulano futuri di grande ottimismo o di grande pessimismo. Però poi gli vai a chiedere se hanno usato l'AI, che tool hanno usato, che cosa hanno provato a fare, che tipo di esperienza hanno avuto con quel tool e non ti sanno rispondere. Quindi, per esempio, questo è un momento in cui quel tipo di atteggiamento ideologico preconcetto nei confronti di qualsiasi cosa, appunto uno specifico in questo momento di AI, nasconde più pericoli e più rischi che opportunità. Non credo sia possibile fondamentalmente capire il futuro se non si riesce ad avere le mani in pasta nel presente, alle app, al gaming e poi le connected technology. E adesso le hai nei ultimi anni cercando di realizzare materialmente qualcosa che mi permettesse di capire il buono e il brutto che viene con tutti i processi di innovazione. Per iniziare a rispondere un po' alla seconda domanda, secondo me c'è tanta, ripeto, c'è tanta ideologia in questo momento che gira attorno alla definizione, ai fini e ai termini di utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale. È un'ideologia che viene per certi versi da un po' di paura, paura dell'ignoto, paura della perdita, perché chiaramente c'è un tema di perdita delle figure professionali, svalorizzazione di certi talenti creativi, come hai detto tu oggi, basta che qualcuno sappia dare un prompt per poter creare qualcosa di visualmente interessante.

Speaker 2:

Però posso dirti che io sono, per esempio, un ottimo esempio di come io fondamentalmente creda che questi tool siano dei tool al momento e non credo che sia soltanto una questione del momento, credo che sarà sempre così o saranno mai in grado di competere con la creatività umana e comunque avranno sempre bisogno di un umano alle spalle che detti quei prompt in una maniera creativamente interessante. Perché, per farti un esempio, io uso tool di AI, ho provato a usare quelli come di natura un po' più creativa, appunto i minimax, i cling, i mid journey, e sono una capra, ma semplicemente perché non provengo da un background di natura creativa. Ho idee di natura creativa, ma non non mi sono mai necessariamente occupato di essere un creative lead in nessuno dei medium in cui mi sono trovato a lavorare non nel publishing, non nel gaming, non nei connected devices e quindi realizzo io stesso che anche quando provo a fare un utilizzo creativo di questi tool, mi mancano non solo gli strumenti, mi manca un po' anche la sensibilità per dare al tool, per instradare il tool, mettere il tool nella giusta direzione. E quindi alla fine io credo fondamentalmente che se abviviamo ancora un momento in cui il tool è un tool e il byproduct finale dipenda non esclusivamente, ma in maniera molto diretta dalla qualità dell'input creativo che avviene a monte. Nuove pipeline vengono create a questo punto quotidianamente e credo che e vedo con grande interesse, con grande entusiasmo questo processo di democratizzazione dell'accesso ai processi creativi e distributivi.

Speaker 2:

Da uomo di marketing, mi focalizzo in questo momento anche tanto su quella parte lì di come gli strumenti di AI e gli strumenti digitali possano aiutare o facilitare creatori e creativi nella distribuzione, nel raggiungere le proprie audience, non soltanto nella parte creativa e produttiva del lavoro.

Speaker 2:

Ma fondamentalmente io credo che siamo ormai su una direzione molto chiara dove le barriere all'ingresso per chi vuole creare, produrre si stanno riducendo sensibilmente. È una cosa che mi accetta moltissimo perché, per esempio, negli anni lavorando per i grandi studio mi sono accorto, lavorando con le piattaforme, con gli altri stakeholder dell'ecosistema dei media, mi sono accorto quanto tutto il sistema del gatekeeping, nel sistema del gatekeeping risiedono tutta una serie di bias di razza, di genere, culturali che personalmente, eticamente, ideologicamente non posso che essere eccitato dall'idea della loro rimozione, e che ci sia una barriera molto ridotta all'accesso per chiunque voglia provare a creare qualcosa e a raccontare delle storie, a intrattenere delle comuneva a persone di viaggiare, di incontrarsi in uno stesso studio, di condividere le scalette e tutto quello che veniva fatto. Di conseguenza, oggi, se uno vuole fare un podcast, video, audio, sia, esistono tool che permettono in maniera rapida di ottenere quel livello di accesso.

Speaker 1:

Sì, mi viene in mente McLuhan il medium e il messaggio, oppure content is the king, cioè ormai con questa democratizzazione diciamo questa democratizzazione che è avvenuta grazie alla tecnologia, quello che conta è il contenuto che proponi io. Quello che dico sempre ai miei clienti l'intelligenza artificiale è una leva. Se tutti possono fare un video in solo scrivendo un prompt, conta cosa ci metti, che il contenuto che ci metti in questo video, in questo contenuto che crei. E a proposito di quello che dicevi, ho alcune altre domande. Innanzitutto mi è capitato spesso io lavoro più con l'AID per le case di produzione e agenzie di pubblicità o comunque case di produzione in ambito pubblicitario ma mi è capitato spesso di sentire storie di clienti a cui vengono presentati progetti molto interessanti, fatti con le AI ovviamente, in cui recentemente uno di questi clienti, insomma, sono andati in presentazione, hanno presentato tutto un bel progetto, una bella idea fatta con le AI e il cliente ha detto ah, bellissima questa cosa, ma perché noi vi paghiamo?

Speaker 1:

intendendo il fatto che se il contenuto lo fa le AI, qual è il valore aggiunto? allora, in questo senso, nell'ambiente che frequenti tu, nell'ambiente degli studios, come questo fenomeno c'è, c'è una barriera ancora, per esempio c'è stato recentemente lo strike, lo sciopero degli sceneggiatori. Ma in generale. Quindi vorrei che affrontassi questo argomento e poi invece l'altro aspetto che mi ha colpito tanto e che vorrei che approfondisse, invece l'aspetto umano. Cioè tu hai lavorato molto con le persone nella gestione dei team. Quindi, al di là della tecnologia, pensi che sia importante, quanto pensi che sia importante l'aspetto umano kindness as a soft skill, cioè diciamo la gentilezza come a soft skill e quindi in questo senso, quanto le relazioni umane e i rapporti umani fanno la differenza in un ambiente dove la tecnologia mediamente ti permette di fare ormai quasi tutto eccellenti domande, entrambe.

Speaker 2:

Allora prima parliamo un attimo della prima. Da persone, da executive che ha lavorato negli studio, in Disney, in Paramount, amc Networks, ho sviluppato una specie di, da un lato, un i studio sono un'entità essenziale perché certi formati e certi media possono continuare ancora a esistere. Non credo, non sono uno che parla di doom e gloom rispetto al mondo degli studio che devono morire tutti, che sono dei disgraziati che sfruttano il lavoro dei. Sì, ci sono aspetti di quella natura. Là però i studio sono, prendono anche tutti il rischio alla fine della fiera, si caricano il rischio d'impresa che poi fornisce a personalità talento creativo l'opportunità di esprimere quel talento in formato di storytelling di qualsiasi natura. Il sistema studio, siccome molto, la maggior parte di studio sono comunque aziende di natura pubblica e quindi valutati sulla base dei risultati quadrimestrali. Pubblica intendo i public company. Public company si quotate in borsa, che possono essere Disney, warner o chi per loro, paramount, ancora per poco. L'interesse primario è un interesse tattico più che strategico.

Speaker 2:

In questa fase Gli studios vedono un'opportunità per ridurre dei costi, per velocizzare dei processi e per avere un maggiore range, un maggiore varietà di opzioni da cui poter scegliere. È un modello, come dire, funzionale al loro ecosistema. È anche un modello funzionale al loro DNA. Ci sono sicuramente persone all'interno degli studios che hanno una prospettiva più di lungo periodo rispetto a questo tipo di disruption che sta avvenendo in questo momento, ma di fatto quello che vedo è ancora molto opportunistico, se vogliamo.

Speaker 2:

Detto questo, è anche un fattore generazionale, di leadership generazionale. La maggior parte dei leader degli studio sono, penso face a dei boomer e finché finché non ci sarà un ricambio la spiego anche un po' finché questi studio non porteranno a bordo degli ex-executi che vengono da Gen Z e Gen Alpha, secondo me non potranno mai veramente essere allineati con quello che è il tipo di aspettativa a livello utenza. Saranno sempre più focalizzati al loro back office, alle loro efficienze e alle loro politiche interne. Se vogliamo, sono macchinoni molto importanti dimensionalmente. Politicamente è molto complicato per uno studio veramente abbracciare la disruption, perché generalmente hanno più da perdere che da guadagnare dalla disruption. Almeno finora questo si è stato storicamente.

Speaker 2:

Dall'avvento di internet in poi, però quello che vedo è che allo stesso tempo emerge una cultura e una avvento di internet in poi, però quello che vedo è che allo stesso tempo emerge una cultura e un'attitudine un po' aperta all'iteratività dei processi creativi che questi tool permettono, e quindi meno waterfall, meno adesso facciamo lo script e poi facciamo lo storyboard e poi facciamo il treatment e poi facciamo l'animatica. Questi tool stanno facendo capire come si può iterare, si può essere più efficienti ma allo stesso tempo innovativi, che poi torna a bomba, a quello che dicevi tu Alla fine, quello che rimvi tu alla fine, quello che rimane il fattore determinante è la qualità dello storytelling e quindi se potessimo tutti quanti focalizzarci un po' di più su quello, teoricamente l'outcome finale dovrebbe essere migliore. Però qui poi subentra la seconda parte della tua domanda come questi tool e la parte di creazione e costruzione dei team impatta o viene impattata dai tool. Più uso questi tool, più mi accorgo dell'importanza, come ho detto all'inizio, del fattore umano, di chi utilizza e di chi gestisce questi tool, di chi li implementa, di come i processi vengono creati.

Speaker 2:

Credo fondamentalmente che i team del futuro saranno molto meno specializzati, cioè ci sarà molta meno segmentazione dei profili professionali il designer, lo UI designer, lo UX designer e stiamo parlando solo di designer l'artista, l'illustratore.

Speaker 2:

E c'è l'opportunità, ma che è anche un rischio nel breve periodo, perché talenti ibridi, creativi, supportati dall'utilizzo di questi tool tecnologici, possano arrivare dalla A alla Z in maniera più veloce, ad offrire più opportunità e, secondo me, che alla fine diventa un thread di per sé tanti di questi tool alla fine metteranno l'utente finale in posizione di guida e quindi tutto il mondo del user generated content, tutto il mondo dei cosiddetti metaverse, che possono essere fortnite, o roblox, in cui è molto importante, se non prevalente, la parte di user generated content, quando si arriverà a quel punto in cui i team non saranno più soltanto i team del back office di un'azienda o di uno studio di produzione, ma i team saranno un collettivo di persone che fanno produzione, persone che fanno marketing e comunità che fruiscono e partecipano alla vita di un gioco, di uno show, quello secondo me è veramente il land state che io vedo nel futuro, che mi eccita moltissimo e che secondo me trasformerà completamente la nozione di squadra, di team, di come i team di produzione vengono creati all'interno degli studio, di come vengono gestiti, di come i creatori e i creativi vengono coinvolti all'interno del processo, ma anche all'interno del, ma è ancora più importante, all'interno del modello di business stesso, della creazione dell'IP.

Speaker 2:

Ed è questo, come dire, uno dei motivi fondamentali per cui abbiamo creato io e la mia partner Diana abbiamo creato il nostro Venture Studio, perché creiamo che, fondamentalmente, questa convergenza di consumo, creatività e distribuzione con un foco sui creatori, un foco sulle comunità, focus sulle comunità, cambierà fondamentalmente il modo in cui il contenuto viene creato, distribuito, fruito, marketizzato e comunicato.

Speaker 2:

Vedo altrettanti rischi per coloro che non sono curiosi, quante opportunità per coloro che invece lo sono e hanno voglia di mettere se stessi, il proprio talento, la propria esperienza un po' in discussione. Non sedersi su Non è nulla di diverso di quello che quando ero nel mondo del publishing, transitando nel mondo del digital publishing, e qualcuno, un executive molto in alto nella Disney, mi diceva non capisco questa differenza tra design e user interface design, the good design is good design. E tu gli dicevi in realtà no, perché sì, è vero che se disegni un libro, ed è ben fatto, mi porta dentro, mi coinvolge, lo rende interattivo. Però in un media digitale l'interazione è quello che guida il consumo e quindi no, non è la stessa cosa. Serve sempre che ci sia un po' di spargimento di sangue prima che si possa arrivare a una condivisione comune dei processi e dell'innovazione che deriva dai processi.

Speaker 1:

Ok, vorrei un attimo che spiegassi al pubblico perché noi abbiamo un pubblico, diciamo, abbastanza variegato. Quindi una nicchia di tech savvy è una nicchia dic, è comunque un pubblico più ampio di persone che invece sanno un po' di tecnologia. Innanzitutto, cosa fa un venture studio? Perché questo molti non lo sanno.

Speaker 2:

E poi, scusami, legato a questo, un'altra cosa, cioè come vedi, avendo tu un venture studio, avendo creato tu un venture studio, gli accordi che invece, un po' più a livello diverso, stanno facendo gli studios, o comunque i produttori di contenuti, con i produttori di AI. Lionsgate studio prende un'idea che proviene da un talento, che può essere un talento creativo o ingegnere, o chiunque prende un'idea e crea attorno a quell'idea e fornisce a quell'idea, a quel creativo, un'infrastruttura dei processi, del finanziamento, ovviamente, per portare l'idea da stadio dell'idea a stadio prodotto. E quindi ci occupiamo di quello che viene chiamato nel gergo andare da zero a uno, che viene chiamato nel gergo andare da zero a uno, trasformare quell'idea in un prodotto e trasformare quel creative in un business. Queste sono le nostre prime due modalità operative E poi, ovviamente, nel momento in cui il prodotto è nel mercato, parte quello che è un modello più tradizionale di ricerca del product market fit, di go to market e poi, in successo, di scalabilità di quel progetto, di quel prodotto a livelli più ampi.

Speaker 2:

Quindi ci occupiamo prima di tutto della parte da 0 a 1 e poi della seconda parte, che è quella famosa chiamata da 1 a 10, dove si inizia a scalare, a cercare di monetizzare, di far crescere il prodotto che si è creato e poi, come modello di Venture Studio, si cerca di supportare, di sostenere quella crescita costruendo il team attorno al creativo e attorno all'idea, cercando di raccogliere finanziamenti per l'infrastruttura attorno a quel business in maniera tale che quel business possa essere funzionante in maniera indipendente, in maniera stand alone, così che quell'azienda, quella start up che noi abbiamo incubato, possa avere un proprio futuro, andare sulle sue gambe, crescere, assumere altra gente. Diciamo che siamo un po' come un a metà proprio futuro, andare sulle sue gambe, crescere, assumere altra gente. Diciamo che siamo un po' come a metà tra uno studio di produzione e un incubatore, se vogliamo, però con un modello dove, a differenza per esempio, degli incubatori che prendono a bordo decine di idee in un anno per poi scremarle e idee in un anno per poi scremarle, noi siamo molto più, come dire, curati nell'introduzione di quelle idee nel nostro portfolio, perché poi e questa è la seconda differenza, perché poi noi di fatto dedichiamo, non siamo come un incubatore tradizionale, diamo dei soldi al creativo, ci allontaniamo, ci prendiamo un pezzo dell'azienda e lasciamo che vada in indipendenza. Siamo molto coinvolti, come dice il studio, nell'esecuzione di quella traiettoria da 0 a 1 ed è lì che mostriamo, come dire, la nostra esperienza e portiamo la nostra esperienza, le nostre competenze, le nostre relazioni no-transcript, semplicemente un'evoluzione di quello che già facevamo nei nostri contesti corporate, se vogliamo, per evolverlo in questa direzione, molto più startup focus.

Speaker 2:

La seconda domanda secondo me è veramente super interessante, perché i diciamo chi fa apologia di reato, il peccato originale, diciamo di questi modelli AI che sono stati creati. Se vogliamo, è stato come i modelli sono stati creati, come sono stati creati. Se vogliamo, è stato come i modelli sono stati creati, come sono stati, come i dati che sono stati dati in pasto a queste AI per la creazione dei modelli sono stati ottenuti da, come dire, da chi l'aveva creato.

Speaker 1:

È stato fatto il training, insomma, di questi modelli. Esatto, il training dei modelli, lo scraping, lo scraping lo scraping di database discriminato su internet.

Speaker 2:

Quello, se vogliamo, è il peccato originale di questa fase di generative AI, su cui molti dei critici si focalizzano per dire se c'è un furto a monte di proprietà intellettuale. Tutto quello che che succede a balle è macchiato da quel peccato originale. A livello a cui sono, non è stato sicuramente molto trasparente o molto etico, se vogliamo, soprattutto nei confronti di artisti, creatori di contenuto, e chi più ne ha più ne mette. Dove sono le opzioni per casi di produzione o di distribuzione o studio? come possono essere Lionsgate? o appunto Disney, che ieri ha annunciato la creazione di un dipartimento dedicato e focalizzato alla codificazione, allo sviluppo e all'implementazione di AI di XR DDR? dove sono le opzioni? o ti siedi sul bordo del fiume, aspetti qualche cadavere che passi, oppure con curiosità approcci la situazione e inizi a organizzare, come dire, la tua organizzazione e le tue risorse, i tuoi talenti, in maniera tale da imparare qualcosa.

Speaker 2:

Diciamo che la mossa di Lionsgate, secondo me, è ancora un po' più una mossa di PR, se vogliamo che è una mossa di vero business. Mossa di PR interessante perché l'idea di andare a fare una partnership con uno di questi di queste piattaforme, di questi tool AI, fargli prendere in pasto tutti o buona parte, diciamo, dei tuoi materiali, del tuo contenuto, farli far imparare a questi modelli come quel contenuto viene creato, ma anche come dire cosa funziona e cosa non funziona. Secondo me, poi, permette a quello studio, dà un vantaggio competitivo a quello studio di poter essere più veloce in fase di interazione, sia di natura creativa che di natura di marketing. L'idea di poter testare delle versioni creative con audience simulate, con gruppi di audience simulate, è molto interessante. Per esempio, per me come marketer l'idea di poter testare una creative ad delle persone virtuali, in una audience virtuale che io ho creato e che ho composto per rappresentare un po' il mondo che è fuori, un po' il mondo. Come lo vedo io come marketer, è una possibilità molto affascinante.

Speaker 2:

Perché nel passato cosa si faceva? Si facevano i focus group, però i focus group avevano anche problemi di natura metodologica fondamentali, il bias del ricercatore, il bias del ricercato. Però i focus group avevano anche, come dire, problemi di natura metodologica fondamentali, il bias del ricercatore, il bias del ricercato. Insomma ci sono aspetti di innovazione intellettuale in questo processo che, secondo me, chiunque fa l'investimento oggi in curiosità, investimento in curiosità crea un vantaggio competitivo per il futuro. Probabilmente non stiamo parlando di sono riuscito a rendere la mia produzione più efficiente del 30%, quindi adesso spendo 30% in meno.

Speaker 2:

Non credo sia quello ancora, come dire, l'argomento di cui stiamo parlando. Credo che piuttosto stiamo parlando di aumentare le capacità e la qualità di queste organizzazioni, di iterare i processi creativi e i processi di marketing in parallelo, accorciare la catena del valore ma anche le tempistiche di sviluppo, di avere la possibilità di di testare, di provare con unità di contenuto più piccole, come dire circoscritte, senza per forza necessariamente dover investire questi enormi budget di produzione, questi enormi budget di marketing. E, ripeto, secondo me quella è la cosa più interessante in tutto ciò, perché quella democratizzazione, quella velocità del processo creativo di innovazione sono estremamente eccitanti per qualcuno come me che lo ha fatto per mestiere, ma anche qualcuno come me che, come utente, gioca videogioco ancora, guardo tanto contenuto digitale, ma soprattutto mi appassiono delle storie, ancora, dello storytelling che c'è dietro un processo creativo di quella natura sì, ancora una volta, sicuramente il contenuto fa la differenza.

Speaker 1:

Quindi mi pare di capire se ho capito bene che i real money, i veri soldi, ancora gli studios su le AI non li hanno messi iniziano?

Speaker 2:

sicuramente adesso iniziano quantomeno a realizzare che devono avere dei team interni investire sull'R&D investire sul talento, investire sull'R&D, investire sul proprio futuro.

Speaker 2:

Perché, ripeto, ci hanno già provato a dire tanti studi, ci hanno provato a dire sì, vabbè, ma tanto lo streaming ancora non fanno soldi. E poi, quando sono arrivati a quella conclusione ho detto era un po' tardi, però, come dire in maniera tradizionale, hanno super investito nello streaming e molti di quegli studi sono andati a gambe dritte. Per quella stessa ragione, per cui quello che sto dicendo, e ripeto, è c'è un grosso incentivo oggi per le aziende ad accelerare i processi di adozione degli strumenti AI, grosso incentivo oggi per le aziende ad accelerare i processi di adozione degli strumenti AI, semplicemente perché, a differenza della prima fase, che era quello della distribuzione digitale, quell'esperienza adesso l'hanno fatta. Quindi non è più una questione di dire vediamo se funziona, e qua è una questione di quanto velocemente, a quanto velocemente ci arriviamo e quanto questo cambierà e altererà le logiche e le metodologie di creazione di contenuti.

Speaker 1:

Certo. Quindi diciamo l'applicazione che tu vedi, almeno quella che vedo io per la mia esperienza è soprattutto nel digital asset management, quindi diciamo nell'organizzazione degli archivi, quello oggi è una cosa che già Se non l'hanno fatto, organizzazione degli archivi, quello oggi è una cosa che già deve essere.

Speaker 2:

Se non l'hanno fatto, la vedo dura che non l'abbiano fatto ancora ad oggi. Secondo me la maggior parte. Sono ovviamente pronto, aperto a riconoscere che non è esattamente così, però secondo me i grandi studio oggi sono al punto in cui digital asset manager, creative collaboration tool. Se non hanno, i grandi studio oggi sono al punto in cui Digital Asset Manager, creative Collaboration Tool. Se non hanno quel tipo di disciplina già oggi non la vedo molto bene per loro. Non sei uno studio. Non sono molto ottimista rispetto al loro futuro.

Speaker 1:

Assolutamente Senti. Vorrei che tornassi invece sul tema dei bias, che è un tema che a me è abbastanza caro, nel senso che a me ha colpito molto vedere che nei training dei modelli, sia negli LLM che nei modelli text-to-video o text-to-image, ci sono una serie di bias. Ho visto, tra le altre cose, un po' di tempo fa, un documentario che si chiama Quoted Bias, che parlava delle librerie di riconoscimento facciale che hanno un bias rispetto alle donne nere di colore, che ovviamente sono riconosciute diciamo più, più criminali degli uomini bianchi, wasp. Quindi insomma, in realtà è un tema abbastanza al di là della visione politica, però è un tema abbastanza delicato, soprattutto rispetto al training dei modelli e, per esempio, in questo senso io recentemente sto preparando dei corsi online sulle AI fatti con degli avatar e ci ho pensato due volte prima di usare la mia faccia, di dare la mia faccia e la mia voce diciamo vita natural durante a un'azienda per farmi il mio avatar.

Speaker 2:

Se poi se lo vanno a prendere, è un altro discorso facendo scraping, però questo è un discorso abbastanza questo, secondo me, il discorso che facevo prima del peccato originale di come questi modelli siano stati creati ed educati. E questo sono totalmente due facce della stessa medaglia. Parliamoci chiaro il mondo è pieno di bias. Sono connaturati nella cultura, nella storia, nelle conversazioni, nelle strutture politiche.

Speaker 2:

Internet è la rappresentazione di quella varietà, che include anche i bias. Quindi, indovina cosa può succedere? se dico a una macchina vai su internet e cercami tutte le informazioni riguardo a questa cosa e costruisci un modello rispetto a questa cosa, quella macchina andrà in un ma mo le dati in cui quei bias sono rappresentati, in cui quei bias sono prevalenti, purtroppo, mettiamola così per cui l'output non può che essere a sua volta basato e alimentato su quel bias. Ed è lì il peccato originale, cioè se non c'è qualcuno, un umano o una serie di umani che tagghino quel materiale come bias, come fa la macchina a sapere che quel materiale proviene da un bias? e come fa la macchina a essere capace di decodificare e riportare un output che non sia bias? È un circuito vizioso, purtroppo.

Speaker 1:

Sì, mi viene in mente il caso scusate ti interrompo il caso, per esempio, dei bias medici che viene utilizzato tanto adesso negli ospedali, assolutamente, e per esempio, anche se un medico ha tutta una serie di elementi, mentre sulla parte diagnostica, vedi la parte radiologica dell'esame radiologico, le hai, è perfetta perché è trenata, invece che con centomila radiografie che tu puoi aver visto come medico, con milioni, invece, rispetto alle diagnosi, se magari il medico ha un'idea, le hai, c'è un confirmation bias, un confirmation bias assolutamente esatto e quindi in questo senso mi veniva in mente questo esempio la porta a livello raziale, questa cosa la porta a livello di genere.

Speaker 2:

Qui, secondo me, subentra un po' l'aspetto di, come dire, di standard, cosa che, se vogliamo, abbiamo cannato con internet, col web 2.0, ma anche col primo web, la questione della definizione degli standard. Non noi che eravamo ragazzini all'epoca, ma le entità hanno cannato, come dire, cannarono quella parte. Lì c'è un'opportunità diversa, c'è un'awareness diversa oggi, che va e che deve andare nella creazione di, come dire, di questi processi di ethical standard. E non è solo una questione di AI. Però, se ci pensi la stessa cosa un po' per la nozione di metaverso, come fare a creare il metaverso sulla base di strutture e di principi che siano più inclusivi, meno focalizzati sul gatekeeping e più focalizzati sull'empowerment dell'utente finale, l'unico modo per farlo è stabilire degli standard. E più focalizzati sull'empowerment dell'utente finale, l'unico modo per farlo è stabilire degli standard normativi, che non sto parlando di norme in termini di legge, ma di standard in termini di pratiche, di processi.

Speaker 2:

Oggi abbiamo l'opportunità per essere un po' Per quanto siamo partiti, già in ritardo perché alcuni dei danni sono già stati fatti, ma abbiamo un'opportunità come società di avere un livello diverso di awareness per lavorare su quegli standard prima che si arrivi a quella fase. lì. Lì, però, subentra anche un po' il pessimismo, se vogliamo ideologico, che dal mio punto di vista riguarda un po' il mondo del capitale, che alla fine stiamo sempre parlando di conti economici, di profit and losses. Come dicevo prima, per la maggior parte di queste aziende che sono ancora pubbliche, la motivazione fondamentale rimane o fare più soldi o spendere meno soldi, entrambe le cose focalizzate al profitto e alla crescita del profitto. Abbiamo un'opportunità unica.

Speaker 2:

Ma sono altrettanto consapevole, perché è molto utopistico il mio punto di vista partire dal punto di vista che non stiamo cercando di ottimizzare questo mondo e queste tecnologie per il profitto, ma per il progresso, sarebbe lo shift che porterebbe, come dire, ad outcome di altra natura. Però parliamoci chiaro Minimax bellissimo, fantastico, clink meraviglioso. Però diciamoci la verità come l'hanno creati quei modelli? con un obiettivo basato sul progresso o con un obiettivo basato sul profitto? credo di avere la risposta non lavoro con quei team, non lavoro con quegli executive. Non so per certo, fatto stesso, che OpenAI fosse stata creata come una società no profit.

Speaker 1:

Lavoro con quei team, non lavoro con quegli executive, non posso non so per certo, fatto stesso, che OpenAI fosse stata creata come una società no profit, ma adesso è una società per profit. Sono andati via tutti, tra le altre cose, soprattutto i responsabili della sicurezza e dell'allineamento, e anche questo adesso non parliamo di AGI nel senso che si aprirebbe un discorso ancora più ampio, gli AGI nel senso che si aprirebbe un discorso ancora più ampio. Però sicuramente diciamo che io, quando cerco di spiegare la scala di questa cosa, molti non la capiscono. Noi abbiamo creato una cosa che è l'intelligenza artificiale, che è più smart e più intelligente di noi. Sicuramente un medio modello di AI ha un cui maggiore di quello di Albert Einstein, quindi diciamo che da potista razionale sicuramente ci sorpassa, come dicevi tu.

Speaker 1:

Il problema è poi come alleni questi modelli e come li utilizzi, perché io dico sempre ai miei clienti o alle persone che mi chiedono di approfondire il tema che l'AI è come una leva. L'intelligenza artificiale è come una leva, quindi è una leva delle competenze, ma anche delle cose buone, in positivo e negativo. Mi stupisce. Torno sempre al campo della medicina, perché è un campo forse più comprensibile a tutti. Per esempio la tecnologia CRISPR, la tecnologia di gene editing, che oggi è una tecnologia in cui, diciamo, anche gli allevatori di maiali americani la utilizzano per fare i maiali transgenici, esatto per fare anche. Addirittura vendono i kit per farli fluorescenti. Mal di queste stupidità. Cioè il tema è che poi in realtà questa cosa non è stata resa per tutti. In quel caso, nel caso della medicina, l'antichirurgia CRISPR è un'antichirurgia che permetterebbe il gene editing per tutti, cioè permetterebbe di risolvere tutta una serie di problemi concreti. Invece rimane una cosa di nicchia minimax.

Speaker 2:

È molto bello, però, come dici tu, quanto impatta in termini di qualità della vita delle persone, di società, poco poco per questo sono molto ed è una parte interessante anche, come dire, dell'evoluzione del mio percorso professionale e personale, questa fase, per esempio, della mia carriera, della mia vita. Anche sono paradossalmente più interessato a capire che tipo di impatto possa l'AI avere, per esempio, sul public government, sugli school district, sulle amministrazioni pubbliche a livello locale, perché lo sappiamo benissimo e non ne faccio un discorso politico, purtroppo in quei contesti lo spreco, gli sprechi del denaro sono un fatto comune, sono un dato abbastanza evidente, un dato abbastanza ovvio. Ma immagino se potessimo ottimizzare il deployment degli investimenti pubblici, sulla base, ovviamente, di policy determinate e dettate da quelle che sono le persone che poi eleggiamo democraticamente tramite processi elettorali. Però immagina se potessimo ottimizzare le logiche di deployment del cash posso fare una battuta?

Speaker 1:

sì, immagina se potessimo collegare i conti correnti con le dichiarazioni di redditi in Italia, una cosa difficilissima da fare.

Speaker 2:

Impossibile, impossibile, totalmente sì. Allora, se la vedi dal punto di vista del commercialista che perde lavoro perché non può fare più la dichiarazione dei redditi, è un problema. però se la vedi dal punto di vista che il commercialista può solo controllare dei dati precompilati, dire sì, funziona, sì, è corretto, e ne fa dieci invece di due, e spende il resto del tempo dicendo va bene, però come ottimizziamo questo cash che tu hai? quello sarebbe in teoria il lavoro del consulente, di un consulente fiscale o di un consulente portare la conoscenza, la competenza a livello legislativo di processi di entità, eccetera, utilizzando, come dire, i dati che provengono dal profilo personale, suggerendo strategie di ottimizzazione del profilo di tassazione, profilo di deduzione.

Speaker 1:

Sì, io la immaginavo più legata all'evasione fiscale.

Speaker 2:

diciamo Esatto per portare poi alla fine come outcome questo devi pagare, questo viene pagato.

Speaker 1:

Non c'è più, come dire, un elemento di discrezionalità basata su no vabbè però ti faccio vedere io come la devi risolvere questa situazione, perché in questo senso credo che negli Stati Uniti un aspetto buono degli Stati Uniti in questo senso sia, almeno dal di fuori, sembra essere la digitalizzazione o comunque il fatto che cioè rispetto all'Italia, insomma, ci sono delle notevoli differenze. Soprattutto c'è anche un environment lavorativo o di scuole per i ragazzi, dove per esempio, studi tutte le tutte le materie STEM che qua in Italia sono tu studi il latino, il greco, bellissimo, per una nicchia, però ci fai poco nel mondo di oggi io che provengo da quel percorso, lì lo capisco benissimo.

Speaker 2:

Però vale anche, come dici torno al discorso che facevamo all'inizio vale anche il discorso contrario, cioè la tecnologia ormai la possono imparare un po' tutti. Secondo me gli strumenti che rimangono fondamentali sono la curiosità, l'intuito, però anche, come dire, la capacità analitica, la capacità critica, strumenti di processo logico, lo studio del greco e dell'adino, per esempio, quello mi hanno dato tutta una serie di canvas e di tool che poi ho utilizzato nel corso del mio percorso personale e professionale. Sarebbe la parte più eccitante di tutto. Quello che sta succedendo adesso è vedere mia figlia interrogare l'AI su questioni di natura pratica, concettuale, elaborazione di concetti complessi che un motore di ricerca ovviamente non gestisce e non può ancora gestire. L'utilizzo di questi strumenti come partner di pensiero, di conversazione, di elaborazione, più che come calcolatrice non mi serve fare, sta roba, adesso don't prompt e mi dà l'effetto finale. La parte empowering di questi tool per me è proprio quella, cioè per uno come me avere una controparte che lavori con me sulla parte di analytics per un videogioco recentemente ad altre cose.

Speaker 1:

Avete pubblicato un videogioco giusto. Hai partecipato all'ub pubblicato un videogioco giusto.

Speaker 2:

Hai partecipato alla pubblicazione di un videogioco si nello sviluppo e pubblicazione di Politica Larina, che è una simulation sandbox dedicata al mondo politico. Abbiamo usato AI per tantissime cose nel corso del processo di sviluppo e produzione, appunto da testare concetti creativi di marketing su audience simulate, ad utilizzare AI per code debugging e optimization per arrivare a creative iteration di concetti di marketing, per analisi di dati, compilazione di file Excel con i codici e le chiavi per lo scaricare dei giochi. Di fatto ci ha permesso di essere un micro publisher, praticamente mi ha permesso di essere da solo il micro publisher di questo videogioco. Quando io sono stato parte di processi simili dentro Disney, avevo un team di 50 persone per fare la stessa roba. Di fatto, allora puoi vedere la parte di sì, ma cosa è successo a quelle 49 persone che non stanno lavorando con te? però puoi vedere anche il fatto che se non avessi avuto accesso a quei tool e non fosse stata una persona curiosa che le avesse usate nel passato cercando di capire come utilizzare per i miei rifini, questo gioco non sarebbe stato pubblicato.

Speaker 2:

Di fatto, quale parte dell'equazione vogliamo? su quale parte vogliamo focalizzarci? che un bel gioco, una bella storia con un impatto culturale, narrativo possa essere realizzato e portato lì fuori con un team molto ridotto di persone, ma persone con esperienza e con talento, o tutte le storie nel gioco sono tutte create da un umano. Il codice è stato soltanto, come dire, il nostro sviluppatore e anche creatore ha usato AI soltanto per due cose affrontare, approcciare problemi teorici molto importanti per facilitare, come dire, il breakdown del problema nei suoi componenti fondativi e poi per provare a fare del problema nei suoi componenti fondativi e poi per provare a fare un po' di debugging e di quality control del codice.

Speaker 2:

Tutto il resto era tutto umano. Per questo torno a bomba. Non stiamo parlando di sostituire gli umani, no, stiamo parlando di aumentare le capacità di analisi, di creatività, di produttività che un umano già possiede nel proprio background, democratizzando e riducendo la barriera all'accesso. Non so di tutto ciò, non so quale, quale sia la pars destro. Francamente, sì, torniamo al peccato originale, ma al di là di quello, ripeto, non sono molto interessato al discorso puramente ideologico di è buono o è brutto? perché se no, facciamo la stessa fine di quando? sì, ma lo streaming è buono o è brutto? eh, ma mi piaceva ricevere, mi piace l'idea di andare dentro il blockbuster. Ho capito? sì, sì, la tecnologia di per sé è neutrale, tra le altre cose è tutto.

Speaker 1:

Come la usi, anche le hai la puoi usare in senso molto positivo, ma anche molto negativo.

Speaker 2:

Quindi esatto e peraltro ci saranno un sacco di agenti che la utilizzeranno perfini nefari. Ne Ci saranno un sacco di agenti che la utilizzeranno per fini nefasti, non etici. Esistono già, dalla disinformazione politica al marketing aggressivo che vedo sta emergendo tanto, per esempio sui social media, che viene fatto tramite AI. Chiaramente ok. E con ciò non è che siccome agenti malintenzionati rendono la tecnologia malintenzionata, sono gli agenti che sono in malintenzione. La tecnologia, come hai detto tu, è neutrale. È neutrale. Per questo, secondo me, la conversazione deve essere rapidamente shiftata da una conversazione di natura ideologica a una conversazione di natura culturale assolutamente mi colpiva al momento in cui registriamo il podcast.

Speaker 1:

Sono state recentemente le elezioni americane. Mi ha colpito vedere un posto su LinkedIn, che ho visto ieri, di un tipo che praticamente ha utilizzato le AI per fare il fact checking di un rally, di un comizio, di un politico. Parlava e facevano un fact checking in tempo reale fatto con le AI.

Speaker 2:

Un utilizzo bizzarro, che non mi sarei aspettato, diciamo fantastico ripeto, sono tutte cose che personalmente mi accettano moltissimo, mi spingono a rimanere al discorso iniziale della curiosità. Preferisco essere parte del movimento che cerca di capire come le cose funzionano, dovrebbero funzionare, che prova a utilizzarle in maniera consona a dei principi etici e culturali di un certo tipo, piuttosto che fare la parte di aspetto. Mi siedo sul bordo del fiume, vedo quali sono i primi cadaveri che passano e mi adeguo di conseguenza. Non è mai stato, come dire, nel mio DNA, non è nel DNA dell'azienda che ho fondato e quindi non è il tipo di conversazione che mi interessa avere. Ripeto, di pura natura ideologica.

Speaker 1:

Sì, assolutamente. Io credo diciamo la cosa più importante in questo momento in cui l'AI sta diventando mainstream o comunque sarà alla portata di tutti, anche grazie ai telefonini, al fatto che Apple, per esempio, con Apple Intelligence mette l'AI su dispositivi, è la formazione continua, che è quello che credo manchi oggi all'Italia. Tu sei lontano da un po' però io credo che in questo momento, come dire un paese che il suo successo sulla cultura il fatto che non ci sia più una formazione continua e con le AI tu devi fargli le domande giuste, cioè una leva delle tue competenze, quindi, se tu non sei preparato, sia in senso ampio, quindi contestualizzando quello che gli chiedi, che nella tua nicchia specifica le AI è uno strumento che fa solo danni, o comunque gli puoi chiedere anche perché ti aggiungo un particolare.

Speaker 2:

Allora, per esempio, io uso tanto le AI per facilitare il mio lavoro di revisione di contratti. Mi risparmio spero che il mio avvocato non mi stia ascoltando mi risparmio un bel po' di fee legali. Però, avendo lavorato su migliaia di contratti nel corso della mia carriera, conosco bene i linguaggi legali, conosco bene i termini di business che match nel linguaggio legale. Quindi utilizzo tanto l'AI per aiutarmi a fare proof file Excel con due tabelle di dati, che dovrebbe in teoria essere una cosa abbastanza facile. Ho riscontrato che l'AI faceva degli errori. Sono dovuto andare io dentro e dire guarda che ho trovato questa discrepanza. Secondo me ti sei perso a questa cosa e questo riguardo è a valle della mia competenza. Ma a monte è chiaro che, per esempio, la qualità dell'output di un AI oggi è proporzionalità, è totalmente proporzionale alla qualità del mio prompt e quindi mi rendo conto che, se voglio utilizzare l'AI come partner e come aiutante, la responsabilità di fornirgli un brief chiaro, articolato, conciso, preciso, contestuale è la mia.

Speaker 2:

Se gli do informazioni di bassa qualità, l'output è di bassissima qualità. Se gli do output di alta qualità, input di alta scusami di alta qualità, l'output è di discreta qualità. Non so se questo concetto, come dire garbage in garbage out. Con l'AI è esattamente così. Se gli dai in passo un sacco di porcherie, non c'è controllo su quello che il modello è stato, come quello che il modello ha ingerito per creare, per creare quella fase intelligenza, e poi non c'è un controllo a valle sulla putt possa assicurarti le alfa danni più da anni che no, assolutamente.

Speaker 1:

Questo apre tutta una serie di, diciamo, di quesiti e di domande su come viene applicato. Verrà applicata poi nella, nella pratica, nel mondo reale, al di là del fatto che gli LLM saranno il cervello dei robot e quindi quando tra un paio d'anni le persone vedranno i robot per le strade, capiranno che non è più un giocarello che sta sul telefono, ma al di là di questo, secondo me c'è proprio un problema come dici te, più di regolamentazione, proprio di valori, cioè, è una tecnologia che obbliga, ecco, è una tecnologia che obbliga, che obblicherà gli esseri umani a ripensare i valori, è una tecnologia che obbliga gli esseri umani a ripensare i valori assolutamente io non posso che vedere quella come un'opportunità enorme per noi come società, se la tecnologia ci spinge a ripensare come abbiamo costruito certe strutture di bias, di gatekeeping, di segregazione, di mancata integrazione.

Speaker 2:

Non lo so. Per me è una cosa estremamente positiva se l'AI riporta noi umani a parlare di noi umani. Non lo so, io la vedo come una cosa estremamente positiva. È un momento di grande, di nuova industrializzazione. Ci sono delle sfide enormi che hanno a che vedere appunto con la distribuzione della ricchezza, con la distribuzione della conoscenza, con l'accesso alla conoscenza, al training, eccetera. Però sono più eccitato dalle opportunità di lavorare su quegli aspetti con l'ausilio della tecnologia. Che è interessato a dire no, la tecnologia è brutta, buttiamola via, non siamo pronti. Perché quello è anche un modo per dire a noi stessi come umani che non siamo pronti, che è una cosa devastante. Sì, sì, perché è una creazione dell'intelletto umano.

Speaker 1:

Comunque, le AI è in qualche modo una scoperta. Come può essere il fuoco, come può essere la ruota o le medicine anticancro.

Speaker 2:

Che facciamo? Diciamo no alle medicine anticancro perché non siamo pronti alla distribuzione delle medicine anticancro dove ci sono sistemi assicurativi privati.

Speaker 1:

Assolutamente no. In questo senso mi veniva in mente una cosa il podcast prima oggi si chiama Innovation Stories, prima si chiamava Innovate for Success e, diciamo, l'idea era di parlare del concetto di successo. In realtà, in questo senso vorrei un po la tua opinione su questo, cioè io credo che anche grazie alla tecnologia il concetto di successo e anche di felicità, di qualità della vita sia molto cambiato e e quindi non continui a cambiare assolutamente.

Speaker 1:

Sono totalmente d'accordo con te cioè, nel senso io penso che appunto mi ha colpito, sempre per citare Gary Vee, che dice che dovremmo ripensare, cioè 7 miliardi di persone, 8 miliardi di persone quanti siamo, dovremmo ripensare il concetto di felicità, che non è quello di fare billions, cioè miliardi di dollari, ma è quello di svegliarsi contenti la mattina e di guardare, di avere una visione ottimistica della vita, anche perché, secondo me, avere una visione positiva ti aiuta, perché se guardi solo il negativo nella vita è già difficile e, scusa, su questa cosa mi leggo e vorrei il tuo parere su questo.

Speaker 1:

Io ho visto che questo credo, almeno non ho visto. Credo che questo modo di pensare aiuti anche nel mondo del lavoro, nel senso che se tu formi un team, preferisci avere qualcuno che ti pone problemi o che ti pone soluzioni, sicuramente uno che ti pone una soluzione ad un problema che tanto il problema ci sarà sempre, cioè si creerà sempre un problema, e quindi è meglio.

Speaker 2:

Da questo al prossimo, al prossimo al prossimo.

Speaker 1:

Come la vedi tu.

Speaker 2:

Sono totalmente d'accordo, per cui torna a bomba il discorso della curiosità. Io sono in natura un problem solver e quindi sono molto frustrato quando e questa è una cosa che viene, come dire, dalla mia sfera personale e familiare una delle cose che mi frustra di più è che io non ho controllo e non ho possibilità di controllo su alcune delle questioni di salute di mia figlia, perché io sono una persona che sono focalizzata a trovare delle soluzioni e il problema di salute di mia figlia non ha soluzioni, e quindi non posso non guardare a tutte queste tematiche e dire sì, ma se il problema è risolvibile da un umano con l'aiuto e la specializzazione di un strumento tecnologico, perché non dovremmo? Cosa ci frena? A meno che non sia una questione di natura legale o che ci blocca, non possiamo farlo. Perché non dovremmo aspirare a vivere più felici, a lavorare di meno, a fare lo stesso quantitativo di soldi che ci permette di vivere bene, di vivere felici, di permetterci di fare quello che vogliamo, di viaggiare quello che sia? perché non dovremmo volere questa cosa e dovremmo voler rimanere dove siamo? solo per paura di quello che potrebbe succedere, perché non sappiamo ancora dove stiamo andando da Omero in poi Colombo.

Speaker 2:

Non voglio entrare nella discussione del colonialismo, però per dire il mondo ha progredito grazie a coloro che avevano delle domande o dei problemi e cercavano delle soluzioni, o cercavano con curiosità di guardare oltre alla soluzione attuale per vedere va bene, ma quale sarà la soluzione del futuro. Sono totalmente concordo con te nel dire che questa è una fase che ci dovrebbe spingere, come società, alla rivalutazione di certi modelli di distribuzione, di ridistribuzione del censo della ricchezza, di ridistribuzione del censo della ricchezza. Ci dovrebbe mettere di fronte a tematiche di reale integrazione sociale, ci dovrebbe permettere di pensare a problemi di lunghissimo periodo, come i cambiamenti climatici, la scarsità dei risorsi naturali, in maniera molto più creativa e molto meno difensiva di quello che si ha al momento attuale. Purtroppo, ripeto, siamo ancora in un sistema capitalistico, per cui il sistema degli incentivi della nostra società è ancora molto focalizzato su tanti che vivono qui e pochi che vivono qui, e il sistema è ancora costruito per riperpetrare se stesso, che è come la definizione del sistema capitalistico.

Speaker 2:

Vedo però anche come la nozione di empowerment che queste tecnologie ci permette di avere la possibilità di avere accesso, come ho detto all'inizio, alla creazione e alla distribuzione di contenuto, di idee, di creatività. È un avalanche che non potrà essere fermato, non può essere fermato ed è giusto così, ripeto, sono molto più interessato a pensare a come posso, nel mio futuro, essere più coinvolto in ambiti pubblici o di impatto sociale grazie al fatto che posso lavorare meno ore nella mia giornata ed essere ugualmente produttivo, piuttosto che pensare a non è una criticità che mi sfugge, quella di ma cosa facciamo con gli artisti? non ci saranno più artisti. Non credo che sia quello il futuro, non credo che stiamo andando in quella direzione.

Speaker 2:

Però ci possiamo arrivare soltanto, ripeto, se abbiamo un po' di foresight, un po' di curiosità intellettuale alla scoperta, alla disruption, a mettersi in ballo anche personalmente, cosa che tu, per esempio, hai sempre fatto nella tua vita, io ho sempre fatto nella mia vita e nella mia carriera mettersi in discussione, mettere le proprie competenze, le proprie conoscenze, sempre in discussione per dire vabbè, che altro posso imparare di nuovo sì, insomma, secondo me, veramente io sono, dal mio punto di vista insomma personale, dei piccoli passi e anche di, diciamo, come dire, cercare di insomma migliorare, cioè cercare di essere un po' meglio del giorno prima.

Speaker 1:

Cioè, al di là del mio aspetto personale, proprio in generale credo che sia importante non mollare anche nella vita, diciamo, cercare di fare del proprio meglio per sé e soprattutto per chi ti sta vicino, cercando di essere insomma anche un po' attenti agli altri, perché poi sai, in questo momento tutti, molti sono concentrati su di sé, sul successo, eccetera, eccetera. Però forse, se uno sposta l'attenzione da se stesso al mondo che gli sta intorno, secondo me è un po' una chiave di lettura differente.

Speaker 2:

Un'altra volta, certo.

Speaker 1:

Non dico che uno si deve dedicare completamente agli altri, però se stanno un po' bene tutti, siamo bene tutti. Tutti un po' meglio, tutti un po' meglio, esatto. E poi è chiaro che uno deve anche cercare di seguire le sue inclinazioni, ovviamente, e poi è chiaro che uno deve anche cercare di seguire le sue inclinazioni, ovviamente. per me, a livello personale c'è stata un'esperienza, dopo una serie di vicende personali, che tutti mi dicevano no, tu devi mollare, non devi fare il tuo lavoro. sono sogni che invece ho detto no, ragazzi, come dire, torno a fare il mio lavoro. double down su quello che voglio fare su me stesso esatto.

Speaker 1:

Poi ho avuto pure la fortuna di potermi mettere, come dire, pancia a terra a studiare che, come dicevamo prima, è molto importante.

Speaker 2:

È un lusso, quello È un lusso esatto.

Speaker 1:

Infatti io sono molto chiaro che per me questo è stato un lusso, ma diciamo credo che una seniority poi comunque mi abbia aiutato, insomma, a recuperare rapidamente una serie di cose. Ci avviciniamo alla conclusione chiederti per gli ascoltatori quali, se ci sono dei titoli di libri o in ambito tecnologia, ma non necessariamente che diciamo per te sono significativi, che le persone dovrebbero leggere.

Speaker 2:

Allora Creativity Inc. È stato un libro molto importante per me. Il libro di Ed Catwell, uno dei fondatori di Pixar, è stato uno dei libri fondamentali per me a livello di percorso di management, percorso personale. Però piantava anche, come dire, dei paletti di natura intellettuale che secondo me sono alcuni di quelli di cui abbiamo parlato. Di me stesso è stata l'Odissea, intanto perché è stato tema di studio per tanti anni del mio liceo classico, principalmente per il suo messaggio di fondo, che è un messaggio focalizzato sulla curiosità, l'apertura delle frontiere, lo spingersi oltre, guardare oltre, andare oltre, continuare a guardare oltre le colonne d'Ercone. L'odissea, secondo me, per me nel mio percorso formativo è stato uno dei libri più importanti proprio a livello personale. Io poi sono una persona che sicuramente ha torto, direi, però non ho purtroppo più tanto tempo per leggere famiglia, lavoro, impegni, eccetera, per cui ho sostituito la parte di lettura di libri con parte di applicazione pratica nell'utilizzo di certe tecnologie. Ma ne ho fatto una questione proprio metodologica, cioè di essere cercare di lavorare sempre un po', di stare sempre un po' avanti nella conoscenza pratica di come certe tecnologie funzionino, in maniera tale da poter mettere a servizio della industry questo patrimonio di conoscenze e di competenze per continuare a spingere l'agenda di progresso innovativo e di sviluppo del business dovunque sia stato, che sia stato in Disney, in El Sì, adesso nella mia stessa azienda.

Speaker 2:

Posso aggiungere un? ha avuto un impatto molto importante su gli ultimi anni della mia vita sicuramente l'entrare in contatto con diretto con il mondo diciamo dottori, ospedali, ricerca per comprendere quanto sia importante traslare queste stesse nozioni di curiosità e di forward thinking in ambiti sociali più ampi, ambiti governativi, ambiti relativi all'health care, ovviamente, ambiti relativi ai sistemi scolastici. Guardo tanto contenuto e materiale su youtube, sui social media, seguo molti creatori e molti personaggi intellettuali con cui posso essere anche in disaccordo, però mi alimento molto di novità, se vogliamo, sia proprio a livello pratico che di contenuto. Mi alimento molto di novità anche di storytelling, nuovi formati, perché, ripeto, questo è un po' il mio lavoro e ritengo che per essere e per difendere il mio patrimonio di conoscenze, devo continuare a espanderlo.

Speaker 2:

Non posso dire ah, ho questo patrimonio fatto negli ultimi dieci anni, basta, tiro fuori da quei cassetti, tiro fuori le informazioni che mi servono. Mi sono reso conto che stava succedendo, purtroppo dovuto a covid. Le competenze invecchiano rapidamente quando fai mestieri come i nostri E quindi abbiamo una responsabilità nei nostri stessi confronti di non farlo succedere. E quindi mi rendo conto, come per esempio, il mondo del publishing viaggia ancora in maniera lenta e quindi mi sono iniziato a documentare, a studiare utilizzando altri strumenti, utilizzando altre piattaforme, altri media, esponendomi, come dire, anche alle criticità che quei media presentano la discoverability, l'accesso, la qualità dei contenuti, la credibilità delle voci.

Speaker 1:

No, assolutamente. Mi ritrovo tantissimo, perché con la mia compagna abbiamo discusso spesso del fatto che io passo giornate intere su YouTube a vedere video. E lei mi dice ma che fai? Io ti guardo e sto lavorando. E lei dice ma come stai lavorando? Io dico sì, sì, sto lavorando. È come no di Norisi, no-transcript, questa cosa qua. Due cose per chiudere. Allora c'è qualcosa che vuoi aggiungere alla nostra discussione?

Speaker 2:

eh no, oh sì. Il mio messaggio per tutti gli ascoltatori è siate curiosi, siate aperti, provate, testate, usate, decidete se vi piace o meno. Decidete quello che vi, quello che vi serve o meno. Non siate fermi, non vi sedete sulle come dire, sulle competenze che avete perfetto.

Speaker 1:

Ho un'ultima domanda prima di chiudere. Cosa diresti al te di 20 anni oggi, con l'esperienza che c'hai oggi? 20 anni fa, fammi pensare no, no, quando avevi 20 anni a quando avevo 20 anni cioè nel senso il tuo 18-20 anni, il Dario di quando aveva 18-20 anni oggi, cosa gli diresti? o come, insomma, cosa gli diresti oggi?

Speaker 2:

onestamente di rifare tutto quello che ho fatto, ma molto più velocemente. Sono molto felice di aver fatto certe esperienze, la nostra esperienza comune di college, come dicevo all'inizio, di aver vissuto un certo tipo di contesto di esperienze il festival del cortometraggio, la radio del college. avrei fatto tutto in maniera ancora più rapida Perché avevo più energie, avevo meno pensieri, avevo meno preoccupazioni e non responsabilità. Potuto fare ancora di più in maniera ancora più rapida.

Speaker 1:

Sì, il concetto del tempo è fondamentale, una cosa fondamentale. Bene, dario, io ti ringrazio moltissimo del tempo che mi hai dedicato. Saluto i nostri ascoltatori e vi do appuntamento al prossimo episodio. Un abbraccio, grazie a tutti.

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