Innovation Stories

Marketing e Intelligenza Artificiale con Francesca Oberti

Daniele Di Veroli

In questo episodio di Innovation Stories, approfondiremo il mondo dell’intelligenza artificiale e il suo impatto sul marketing e sulle aziende insieme a Francesca Oberti, Marketing Manager per Datwave, BIP xTech e communaction manager di TEDx Milano.

Discuteremo dell’importanza di un utilizzo etico e responsabile della tecnologia, esplorando come l’IA stia trasformando il mercato e creando nuove opportunità e sfide. Condividerà la sua esperienza in Google e fornirà esempi pratici di applicazione dell’IA, sottolineando l’importanza della creatività umana e dell’integrazione dei big data nei processi aziendali.

La conversazione toccherà anche temi come l’evoluzione del mindset manageriale, la parità di genere nel settore STEM, il valore della creatività femminile e l’impatto dello smart working sul bilanciamento tra vita e lavoro. Francesca e io discuteremo di come le nuove generazioni stiano cambiando le dinamiche lavorative e di come la tecnologia influenzi il modo di lavorare e interagire.

Support the show

Visita il mio sito web https://danielediveroli.com

Se vuoi discutere di un progetto, fare brainstorming di un'idea o per qualsiasi altro motivo, programma una videochiamata di consulenza gratuita.

https://danielediveroli.as.me/

Annunciatore:

Benvenuti su Innovation Stories, il podcast che esplora l'innovazione e il growth mindset. Sono Daniele Diveroli, filmmaker, producer e creative technologist. Aiuto aziende e creativi a crescere in ambito digitale attraverso consulenze personalizzate, formazione online e produzioni immersive con contenuti cross-mediali. In questo episodio approfondiremo il mondo dell'intelligenza artificiale e il suo impatto sul marketing e sulle aziende, insieme a Francesca Oberti, Marketing Manager per DatWave, BIP, X-Tech e Communication Manager di TEDxMilano. Con Francesca discuteremo dell'importanza di un utilizzo etico e responsabile della tecnologia, esplorando come l'IA stia trasformando il mercato e creando nuove opportunità e sfide. Condividerà la sua esperienza in Google e fornirà esempi pratici di applicazione dell'IA, sottolineando l'importanza della creatività umana e dell'integrazione dei big data nei processi aziendali. La conversazione toccherà anche temi come l'evoluzione del mindset manageriale, la parità di genere nel settore STEM, il valore della creatività femminile e l'impatto dello smart working sul bilanciamento tra vita e lavoro. Discuteremo infine di come le nuove generazioni stiano cambiando le dinamiche lavorative e di come la tecnologia influenzi il modo di lavorare e interagire. Preparatevi a cambiare prospettiva e ad abbracciare il futuro del marketing digitale. Innovation Stories sta per iniziare.

Daniele Di Veroli:

Mi raccontavi che hai fatto un background tra tantissime cose, quindi tra marketing e comunicazione, e diciamo, mi sembra che non è un background da nerd, anzi, è un background da una persona, più nell'ambito pubblicitario, legato alla comunicazione, che non nell'ambito tecnologico legato alla comunicazione che non all'ambito tecnologico, assolutamente.

Francesca Oberti:

Anzi, ti dico, all'università era proprio un filone all'interno della macro cappello economia, quindi ho fatto più bilanci, esami di statistica che altro. Quindi in realtà è sempre stata, e anche quando ho fatto il master in marketing e comunicazione, indirizzata verso il business, anche perché Marketing e Comunicazione tendenzialmente è quasi più, insomma, il collegamento diretto lo si fa con l'azienda B2C, quindi l'azienda che deve vendere soluzioni, prodotti, servizi a una massa di persone, ai loro clienti. Quindi la già marketing e B2B a volte è secondario, arriva in un secondo momento come pensiero. Poi in ambito tecnologico è quasi ancora più scollegato. Come ti dicevo, prima mi ci sono ritrovata, quindi ho iniziato a lavorare in questo ambito, poi in realtà è stato un amore, quindi impossibile staccarsi. E oggi, tra l'altro, la tecnologia è talmente pervasiva che è praticamente la DNA di quasi tutte le strategie, le campagne, qualsiasi ragionamento, anche se magari in alcuni casi non si sa di stare adottando la tecnologia che noi poi raccontiamo, vendiamo, promuoviamo.

Daniele Di Veroli:

Rispetto a questo vorrei che approfondissi due temi, allora, da un lato vorrei che mi raccontassi un po' la tua esperienza a Google e poi mi legherei a quello che succede oggi Lavorando con diversi clienti. Ho la percezione dimmi tu se per te è la stessa cosa che non si rendano conto di quanto l'intelligenza artificiale e la tecnologia cambierà il mercato tutto nel suo intero, cioè non solo il mercato, la società è unicamente Google e quindi vorrei che un po' mi raccontassi un po' quella della tua esperienza e poi come, insomma, anche rispetto a quello che stai facendo oggi in DatWave, ma soprattutto come vedi tu il futuro?

Francesca Oberti:

Allora ho lavorato in Google un anno. È stata un'esperienza davvero formativa. Ti dirò che l'aspetto che ci tengo a raccontare per primo non è legato alla tecnologia, all'innovazione, il fatto di avere una vitrina accelerata su queste novità, ma per la cultura e l'ambiente, dove c'è questo ambiente molto orizzontale, collaborativo, e succedeva spesso e volentieri che, seduta al tavolo, mi chiedessi se tutti qua sono intelligentissimi, chi è quella che non è intelligente nel gruppo, perché parli con persone veramente che hanno sempre una visione molto futuristica, sempre molto innovativa, ma un'umiltà toccabile? tra l'altro, è una notizia degli ultimi, delle ultime settimane, che proprio un'azienda del gruppo Alphabet ha vinto il Nobel per la chimica. Quindi adesso non erano i miei colleghi diretti, chi ha gruppo ehm, alphabet ha vinto il Nobel per la chimica, quindi, eh, adesso non erano i miei colleghi diretti chi ha vinto il Nobel per la chimica, ma però puoi farti capire proprio il tenore delle persone che popolano questa azienda.

Francesca Oberti:

Ho lavorato un anno in Google eh, ero nella eh divisione marketing di Google Cloud, quindi appunto, sempre l'anima più tecnologica, eh di Google, google, e il mio compito principale era quello di supportare il team di vendita nel raggiungere nuovi clienti o rafforzare la relazione con i clienti già esistenti. In realtà, gli strumenti che utilizzavamo erano un mix tra il marketing tradizionale, quindi dove in realtà la tecnologia non c'è, ma perché poi quando si fanno campagne di marketing, l'utente finale, l'obiettivo finale è sempre una persona. Quindi a volte l'evento in cui ci si incontra è la soluzione migliore. Poi il contenuto dell'evento però era sempre legato a come possiamo supportarvi nell'innovare o rivedere quella che è la vostra strategia di prodotto, di canale, come migliorare l'IT, i processi interni, a seconda di quello che era la necessità del cliente o l'argomento dell'iniziativa evento, campagna, articolo, qualsiasi cosa in cui non ci sia la parola AI all'interno.

Francesca Oberti:

Ed è vero che, insomma, è ormai ciò che viene più richiesto. Lo vediamo anche oggi, appunto all'interno di Datweave. Parlando con le aziende, con i responsabili della digital transformation, dell'it, digital anche marketing, veramente qualsiasi area dipartimento dell'azienda vengono chiesti use cases, quindi di provare l'applicazione dell'AI in diversi loro processi o prodotti o strumenti che hanno. Quindi ci vengono proprio richiesti ci fate vedere come, utilizzando l'AI in questo ambito, in questa soluzione, in questo processo otteniamo dei benefici. Quali sono? e questo è insomma il modo in cui adesso le aziende stanno sperimentando l'utilizzo delle AI, pezzo per pezzo. È ovvio che è talmente una tecnologia innovativa che viene provata in piccole aree per poi vedere se estenderla o meno.

Daniele Di Veroli:

Senti, puoi dare agli ascoltatori un esempio di progetto? Nel senso, noi abbiamo una parte di pubblico che è, diciamo, di nerd, di tech savvy, ma anche una parte di ascoltatori che, non dico che a malapena conosce le AI, ma, diciamo, non ha idea di come questa tecnologia possa essere applicata. Quindi, hai degli esempi da raccontarci di come le hai aiutato dei vostri clienti per ottimizzare i processi?

Francesca Oberti:

Sì, volentieri Ti racconto due soluzioni che abbiamo e che stiamo che abbiamo sperimentato. Una di queste è proprio all'interno della nostra azienda per poi promuoverla esternamente, e riguardava il mondo del human resources, quindi delle risorse umane. Uno strumento che, tramite la non solo l'intelligenza artificiale ma anche l'intelligenza artificiale generativa, accelera da una parte il consulto dei cv e interrogando il prodotto si può, proprio con una conversazione come se fosse un chatbot, individuare quello che è la figura dei CV raccolti più indicata per quel CV individuato e cosa si può fare per colmare in caso le debolezze, qualora uno voglia andare oltre perché quel CV ha proprio colpito il segno. Una semplice domanda inserita all'interno della soluzione, e questo non solo accelera tempi, ma permette anche di avere effettivamente la lettura di tutti i CV Adesso. Non mi ricordo il numero di secondi esatta, ma si parla di 5-6 secondi a CV per la persona delle risorse umane che li deve leggere e indagare, perché non si ha tempo di mettersi a leggere effettivamente nel dettaglio tutto il contenuto. Quindi, tendenzialmente una persona guarda il documento e a occhio capisce già se ci può essere o non ci può essere match con il profilo che si ricerca. Arrivati a un numero di match interessanti, si lascia da parte tutto il resto del curriculum e questo spesso significa anche non identificare però magari la persona più indicata, perché poteva essere nella mole di fogli o di pdf, documenti.

Francesca Oberti:

Una soluzione per il mondo delle risorse umane che ha un impatto di supporto ed efficace per loro. Più legata forse al mio mondo marketing riguarda il mondo dei copywriter, quindi la possibilità di, a partire da un'immagine di una soluzione o di un prodotto, avere la descrizione di quel prodotto o soluzione per l'e-commerce. Ad esempio, adesso vedo delle macchinine. Dietro di te si prende la foto della macchinina bianca e questo strumento ti propone diversi copy, in base anche alla necessità che l'utilizzatore ne ha, se è una descrizione per il sito, se è una descrizione per i social, se il copy deve essere fatto in una lingua piuttosto in un'altra, quindi anche la traduzione in più lingue e la possibilità anche di correggerli.

Francesca Oberti:

Quindi strumento ti propone un copy e tu li puoi dire ok, molto interessante. Però il mio target è un target molto serioso, quindi utilizza un tono molto più formale. Questo pensa per la foto di una macchinina. Ma se tu prendi tutto il tuo database di immagini di prodotti o soluzioni per l'e-commerce inserendolo, in poco tempo hai praticamente tutto il testo che ti serve per caricare su il tuo profilo e-commerce, su una pagina social sul sito web, eccetera commerce, su una pagina social, sul sito web, eccetera, Interessante.

Daniele Di Veroli:

Ti vorrei fare una domanda un po' provocatoria, nel senso che io un po' di tempo fa parlavo con un responsabile HR di un grande ospedale e parlavamo degli ATS, appunto di questi sistemi con le AI che selezionano il personale. E anche, per esperienza mia diretta, in una selezione che ho fatto recentemente è stato utilizzato un software che si chiama AirView che praticamente ti dà uno score rispetto alle microespressioni. Lo usano PNG, lo usano tutti questi grandi gruppi, diciamo l'uso Accenture. Questa persona mi raccontava il fatto che lui non si riesce ad affidare molto, essendo uno della vecchia scuola a leai, e dall'altra parte io mi sono un po' studiato il prodotto e si è scoperto che praticamente quelli che hanno fatto scuola di recitazione, cioè quelli che sono più tranquilli, più rilassati, eccetera, eccetera, hanno uno score migliore.

Daniele Di Veroli:

Allora, in questo senso, tu come vedi il fatto che cioè, diciamo, le AI venga anche utilizzate in maniera un po' inconsapevole, cioè io penso che tante volte cerco di essere sintetico il ruolo di persone come voi che spiegano ai clienti come utilizzare un certo strumento è fondamentale, perché il fatto di non avere la consapevolezza di un strumento che stai utilizzando può essere una leva estremamente impositiva per quello che fai, ma anche, come dicevi tu prima, limitare la possibilità di avere dei candidati che magari farebbero al caso tuo. Come la vedi tu questa cosa?

Francesca Oberti:

Capisco il punto e sono pienamente d'accordo, nel senso che l'AI oggi è in qualsiasi strumento che utilizziamo, cioè a volte forse non ci rendiamo conto che stiamo già utilizzando lo strumentno dell'azienda, come quello delle risorse umane. Questo può diventare un'arma a doppio taglio, no-transcript, o che la macchina si basi talmente precisamente sull'input che è stato dato, che gli venga a mancare tutto quello che è la sensibilità umana, la creatività umana. Le aziende però e ci sono anche aziende che si occupano di questo quindi la tematica del responsibile AI è qualcosa che non solo oggi è quasi sempre più obbligatorio anche guardando le AI Act dell'Unione Europea ma necessario per supportare chi ne fa utilizzo all'utilizzo migliore. Mi viene in mente, ad esempio, adobe, che ha integrato al suo interno degli strumenti di generative AI. Ad esempio, si parla di riempimento generativo, cioè all'interno di Adobe, che è uno strumento che utilizzano persone creative che si occupano all'interno di Photoshop, di creazione di video, immagini, eccetera, di selezionando un'area aggiungere, rimuovere, modificare delle sezioni scrivendo proprio un prompt, quindi aggiungendo una descrizione specifica testuale di quello che si vuole inserire, aggiungere o modificare.

Francesca Oberti:

Questo strumento, all'interno di Adobe integrato, lo permette di fare, è proprio un'integrazione, cioè chi utilizza oggi il pacchetto se lo ritrova Loro però proprio Adobe fa una comunic, utilizza oggi il pacchetto, se lo ritrova, risponda a quelli che sono i loro requisiti di eticità, di correttezza dello strumento. Quindi è necessario che l'azienda stessa si faccia promotrice dell'attenzione e dell'utilizzo di queste novità tecnologiche che, o per età, o per paura, o per inconsapevolezza, magari si possono utilizzare con leggerezza e quindi puoi fare delle decisioni magari scorrette o svantaggiose.

Daniele Di Veroli:

Certo, tu prima parlavi anche di creatività e vorrei che tornassi su questo punto. Mi occupo soprattutto, lavoro soprattutto con clienti in ambito produzione video, insomma comunque post produzione, questo tipo di clienti qua E, devo dire la verità, tutti ci aspettavamo che l'automazione arrivasse prima nelle fabbriche, cioè le AI arrivasse prima, ovviamente, nella produzione, anche con la realtà aumentata. Però in realtà invece sembra oggi che con la I generativa l'intelligenza artificiale sia arrivata prima a sostituire i mestieri creativi che non quelli, cioè non vediamo ancora il robot nelle strade che pulisce le strade o ci aiuta a casa. E tu come vedi questa cosa della degenerativa che chiede di sé fatta?

Francesca Oberti:

ma allora io sono grande utilizzatrice, nel mio day by day, di quelle che sono adesso le funzionalità abbastanza basiche che permette di utilizzare all'interno di pacchetti come Office o insomma chat, gbt, gemini, eccetera. L'utilizzo spesso, ma l'utilizzo spesso come come se fosse un membro aggiuntivo del team, ma uno stagista, cioè una figura entry level che mi può dare una mano nel velocizzarmi a fare delle attività. In questo momento non è quella quel supporto strategico o appunto creativo che fa la differenza, è quasi più un abilitatore, cioè ci metto di meno a Vero che secondo me quello che dicevi tu è molto vero, cioè molte aziende, giganti di aziende hanno subito abbracciato nei loro processi di creatività l'intelligenza artificiale generativa. Adesso mi viene in mente Coca-Cola che un paio di anni fa ha puntato una delle sue persone chiave a responsabile globale dell'intelligenza artificiale generativa. Quindi significa proprio riconoscere l'importanza che questo ruolo e questa figura ha all'interno della strategia aziendale.

Francesca Oberti:

Si parla di Coca-Cola non so se ti ricordi o l'hai visto aveva lanciato proprio Coca-Cola un video che era stato fatto utilizzando l'animazione 3D insieme a Leai, e hanno creato questo video in cui c'è questa Coca-Cola che all'interno di un museo viene passato tra quadri, statue che prendono vita e si conclude con la donna con l'orecchino di, la ragazza con l'orecchino di perle che lancia questa Coca-Cola al ragazzo che era un po' il protagonista del video. E questo già un paio di anni fa. Quindi uno spot pubblicitario che è stato fatto utilizzando le AI, supporto nella creazione del contenuto.

Francesca Oberti:

Ma come è stata identificata la campagna, lo storytelling e il proprio l'idea creativa alle spalle non è della tecnologia, ma ancora del team umano che ha creato il concept. Quindi lo vedo molto adesso come uno strumento abilitante, ma come se fosse uno strumento abilitante, ma come se fosse uno strumento in più, come se fosse un pennello in più in mano a persone creative o chi si occupa di questo. Non so se è anche la tua percezione, però in questo momento faccio fatica a vedere proprio una sostituzione totale, ma più che altro un supporto.

Daniele Di Veroli:

Sì, io la vedo come uno strumento che democratizza molto. Per esempio, alcuni giorni fa ho provato un modello text-to-video cinese che si chiama Minimax, dove tu scrivi un prompt e lui ti fa un video in 1080, insomma con una qualità abbastanza simile a un girato. Credo che sia una leva delle competenze. Assolutamente credo che diciamo, andrebbe regolamentato in qualche modo, cioè in questo momento il fatto anche che in realtà come OpenAI diciamo che tutti stanno andando via da OpenAI, che sia rimasto solo Sam Altman, insomma, non è proprio un buon segnale esatto, oppure che Goffrington che sia rimasto solo Sam.

Daniele Di Veroli:

Altman, insomma, non è proprio un buon segnale. Cosa vuol dire? Esatto comunque, insomma. Oppure che Goffrington dice, insomma, al premio Nobel chiamato il padino delle aie dice ragazzi, occhio, perché diciamo questa è una cosa che va un attimo governata, perché sicuramente è più intelligente di noi.

Daniele Di Veroli:

Questo secondo me può diventare un problema. Soprattutto, diciamo, il problema che vedo oggi è rispetto ai clienti. Cioè a me mi capita sempre più spesso di sentire realtà che lavorano in ambito ADV soprattutto, che vanno dai clienti a presentare e in cui il cliente, magari all'interno del cliente, c'è una persona che smanetta con le AI, è un nerd, eccetera, eccetera. Ne parlavo in un episodio un po' di tempo fa con un altro ospite è andata a presentare da un cliente, hanno fatto una fantastica presentazione con PowerPoint, con un sacco di belle immagini fatte con le AI e il cliente gli ha detto guarda, sì, bellissimo, bellissimo, è stata fantastica, ma perché noi vi paghiamo? cioè, nel senso, il tema è che se tu proponi un prodotto, quello, dicevi tu prima.

Daniele Di Veroli:

No, se tu proponi un prodotto di media qualità, che può fare anche le AI, qual è il valore aggiunto? quindi, in questo senso, no, come dicevi tu prima, è il rapporto che crei con il cliente, è la fiducia nel dargli una soluzione nel mettergli insieme, nel creare per esempio un sistema ontologico, nel mettere insieme i vari flussi di dati e questo poi è un'altra domanda che ti volevo fare Cioè tu, come vedi, in contrapposizione appunto alla parte generativa invece la parte di integrazione dei processi, che secondo me oggi è quella che permette anche ai clienti di risparmiare soldi.

Francesca Oberti:

E soprattutto immagino ho visto, voi avete anche soluzioni legate al cloud in questo senso sono soluzioni che permettono di unire vari dataset, di unire vari sistemi. Tu come la vedi questa cosa? Beh, ha un potenziale infinito. Di big data se ne parla ormai da tantissimo, non è più neanche una buzzword. Però è vero che le aziende hanno una mole di dati che ancora oggi non riescono a decifrare, a raccogliere o comunque a estrapolarne il valore che potrebbe avere in chiave di business. Business cioè, sempre tornando alla mia sfera marketing, se penso solo a una marketeer che deve pensare a una campagna i dati su il cliente arriva da fonti totalmente diverse e si parla di dati anagrafici, di comportamenti e interazioni sui social, di acquisti passati o appunto di geolocalizzazione, cioè veramente qualsiasi touch point digitale raccoglie storicamente informazioni su quel cliente. Metterli insieme, interagirli e dargli un senso è qualcosa che oggi a livello umano si può fare, ma è veramente impossibile farlo in maniera continuativa, farlo in maniera Più che altro real time. Quindi riesci a decidere quali data lake andare a creare, ma devi per forza di cose escludere alcune informazioni o anche dargli un timing preciso. Quindi, a un certo punto la storicità si viene a interrompere.

Francesca Oberti:

Il potenziale che l'AI può dare a livello di supporto è quello, veramente, di riuscire a creare dei data warehouse moderni, in grado veramente di raccogliere tutte le informazioni, interagirle e strappolare dati di interesse Sempre legato al marketing. Dovessi pensare, ad esempio, alla segmentazione, alla creazione di target per le aziende, farlo appunto con una senza l'AI, quindi inizialmente con risorse umane, è qualcosa che viene fatto, ma per forza di cose alcuni dati non vengono considerati a livello di storicità, alcuni dati non vengono considerati e richiede molto tempo più. La risposta, una volta che hai identificato il target, è comunque abbastanza statica Cioè, faccio questi cluster, decido cosa fare sui singoli cluster, punto. Con le AI non solo puoi creare dei cluster molto, molto più specifici, cioè, volendo, uno potrebbe veramente identificare un cluster formato da due persone, perché no? Vai a raccogliere delle informazioni, dei dati che magari sono riguardanti l'intera interazione che l'utente ha avuto con te come brand, e crei delle risposte come campagne, targhetti, zate in continuo movimento, anche sulla base di quella che la reazione del cliente magari anche predittiva.

Francesca Oberti:

Cioè vado a, vado a identificare quella che potrebbe essere la mossa successiva del cliente o il need che ancora non sa di avere All'interno di procedure, non solo legate al dato, ma in generale, secondo me, da un supporto, una velocità, ma anche una capacità di vedere cose che noi al momento non siamo in grado di identificare o di immaginare guardando la stessa immagine. Non lo vedo invece, ad oggi, così impantante dal punto di vista strategico, nel senso lo vedo sempre come supporto nella lettura di big data o di, appunto non so l'esempio nell'identificazione dei prezzi, quindi nel price dynamic. Cioè, vedo un supporto, ma sempre un supporto A livello di strategia, a livello di organizzazione. Non riesco ancora oggi a immaginare un attore al tavolo che è l'AI.

Daniele Di Veroli:

Parliamo un attimo dell'esperienza che hai con il TED, nel senso soprattutto dell'aspetto umano, perché fino adesso abbiamo parlato di un aspetto prettamente, diciamo, tecnologico. Invece vorrei che un po' approfondissi l'aspetto umano. Io ho avuto, grazie a te, la fortuna di assistere all'ultimo TED. È stata un'esperienza umana fantastica e devo dire che gli interventi che ho apprezzato di più sono stati quelli non legati alla tecnologia, paradossalmente. Quindi vorrei che un po mi raccontasse questa tua esperienza, che a me ha molto affascinato io collaboro con TEDxMilano da sei anni ormai.

Francesca Oberti:

Lo faccio come volontaria, ma in realtà tutta la squadra che appunto hai avuto modo di vedere. Quindi, tendenzialmente, quando finisce lo spettacolo TEDxMilano, i volontari salgono sul palco e fa impressione vedere quante persone hanno contribuito al successo dell'evento. Appunto, sono una volontaria, come tutte le persone che contribuiscono al TEDx, e mi sono approcciata al mondo TED un po' perché, appunto, avendo sempre lavorato in ambito B2B, ero curiosa di vedere come le mie competenze in ambito marketing e comunicazione potessero essere invece declinate in una comunicazione che invece è B2C. Mi sono lanciata il primo anno nel dare una mano. In realtà mi sono totalmente innamorata del progetto proprio perché, per quanto sia durante l'anno magari statica la collaborazione, nel senso che io mi occupo, ad esempio, della comunicazione, quindi supporto lato social, gestisco la newsletter, do una mano dove posso nell'organizzazione, ma si viene totalmente ripagati con il giorno dell'evento perché si ha l'occasione di sentire una varietà di figure che portano dei contenuti più disparati, ma sempre toccanti.

Francesca Oberti:

Normalmente i TEDx e io parlo di quello di Milano, del gruppo di cui faccio parte ha ha un cappello molto ampio. Quest'anno, appunto, lo spettacolo che hai visto si parlava di libertà, ma è sempre un ombrello che può racchiudere diverse tematiche, perché l'obiettivo finale è quello di andare a ispirare, di emozionare, di smuovere qualcosa a chi sta ascoltando l'insieme degli interventi. Quindi non si vuole mai andare a creare delle verticalizzazioni troppo severe. In questo modo si dà voce a tantano delle persone che meno mi aspettavo, più alte, perché sai già di cosa si occupano. Hai comunque l'adrenalina di vedere un VIP sul palco. Poi è sempre stato il talk della persona meno conosciuta per me a essere quello invece più emozionante. Il mio preferito nella storia dei TEDx Milano che ho seguito, è di questo ragazzo che non mi ricordo se all'epoca stava ancora studiando al liceo, alle scuole superiori o aveva appena concluso che aveva lanciato questa. E ha lanciato perché esiste ancora oggi questa rivista studentesca che si chiama Scomodo.

Francesca Oberti:

Il giorno prima del TED Talk in TEDxMilano ci sono sempre le prove generali. Quindi vedo in antiprima tutti quelli che sono gli interventi e gli speaker le provano direttamente nel cerchio rosso e si esercitano. Quando è arrivato questo ragazzo, tommaso Salaroli, le prove sono andate malissimo. È proprio finita a pianti. Disgrazie perché non riusciva a esprimere bene, perché, se ci pensi, ted Talk sono dieci minuti, tu sali e devi dire quello che devi dire. Non è che hai tempo di cambiare quello che volevi dire o se sbagli una frase, si perde già un po' la magia di quello che stai condividendo come messaggio il giorno dopo.

Francesca Oberti:

Ha fatto il TED Talk più bello che io abbia mai visto, con Standing Ovation, perché ci siamo emozionati tutti quanti e forse proprio perché, da punto di vista umano, vedere questo ragazzo giovane, emozionatissimo, trasferiva, oltre al progetto bellissimo che stava raccontando, proprio le emozioni a tutti quanti che normalmente i talk più interessanti sono. Forse anche perché noi ci occupiamo sempre di tecnologia e innovazione, quindi a volte sentire anche discorsi o punti di vista legati a qualcosa che sia totalmente diverso ci sposta un attimo a spostare il punto di attenzione E, dall'altra parte, perché a volte si umanizza anche la persona che sia davanti a volte è proprio feeling.

Daniele Di Veroli:

Assolutamente, sono completamente d'accordo in questo senso. Ti volevo fare altre due domande. Da una parte, come l'esperienza internazionale ti ha aiutato? perché, per esempio, pensavo che te e Tolk sono in inglese. Io questa cosa l'ho apprezzata tanto, che alcuni siano in inglese, perché puoi sentire direttamente dalla voce delle persone la loro storia. Quindi questo è un aspetto. E l'altro aspetto, invece, rispetto alla tua storia personale, se tu dovessi dare oggi un consiglio a un ragazzo più giovane che vuole iniziare questa carriera in questo ambito, qua, nell'ambito del marketing, della tecnologia, della comunicazione, che consiglio gli daresti?

Francesca Oberti:

Forse rispondo quasi prima alla seconda domanda, agganciandomi alla prima. Io ho sempre amato viaggiare, sono una viaggiatrice seriale e in realtà, come ti raccontavo prima, ho sempre cercato di sfruttare anche le occasioni che facevo in realtà in Italia ad agganciarle a viaggio, esperienze culturali. Così come ho fatto Erasmus a Barcellona, un mese in India, dove posso cerco di ancorare nuove esperienze di internazionalizzazione, perché è dove, secondo me, si può vincere maggiormente a livello di soft skill e di arricchimento personale, cioè essere capaci, anche all'interno, poi nel nostro dei bei, dei aziendali, interagire con tantissime persone che magari hanno background totalmente diversi, come può ad esempio essere io che lavoro in un'azienda tecnologica ma un background marketing, quindi comunque parliamo due lingue diverse. Queste esperienze all'estero con figure non culturalmente a me vicine mi hanno sempre aiutato a mettermi un po' nei panni dell'interlocutore e essere molto aperta mentalmente, che è qualcosa che, secondo me, non solo per chi fa il mio lavoro, ma in generale aiuta tantissimo. Che è qualcosa che secondo me, non solo per chi fa il mio lavoro, ma in generale aiuta tantissimo. Quindi, un po' il TED Talk secondo me per chi ha voglia di spendere una serata, una giornata o anche solo ascoltare un TED Talk su YouTube di 15 minuti, si mette seduto in ascolto, ha già la mente aperta, cioè è pronto ad accogliere dei messaggi che o non sapeva di voler ascoltare o è curioso e vuole scoprire. Quindi già, secondo me TED Talk ha questa predisposizione E poi il fatto che nasca in America e il format del TED venga poi localizzato con la X perché TEDx è proprio la versione locale del principale e originale TED Talk Fa sì che, se appunto si va a cercare i TED Talk, arrivino contenuti da tutto il mondo.

Francesca Oberti:

Quindi, proprio per natura il TED Talk è internazionale e globale, perché vuole far sentire le voci di chiunque abbia qualcosa da dire, a prescindere da dove si trova può essere il paese più ricco, il paese più povero, può essere la figura più importante all'interno del proprio settore o l'ultimo degli arrivati. Uno dei TED Talk che abbiamo fatto era un imprenditore di Milano che stava riqualificando la zona, non mi ricordo quale fosse, dove era cresciuto, a Milano, quindi in realtà era una storia molto locale, però il suo TED Talk lo si trova su YouTube e lo può ascoltare chiunque, da qualsiasi parte. Quindi è uno scambio culturale globale, internazionale, di cui apprezzo molto proprio come caratteristica di TED, apprezzo molto proprio come caratteristica di TED E a livello di consigli, appunto, secondo me è quello di essere aperti. Quindi è importante fare delle esperienze, che possono essere in altri paesi, in altri settori. Io forse su questo sono manchevole, ma comunque sperimentare fa sì che si porti sempre qualcosa di nuovo.

Francesca Oberti:

Poi, all'interno del proprio day by day, un punto di vista diverso Considera che nella realtà, dove lavoro io non in BIP, ma proprio il centro di eccellenza legato alla tecnologia non esisteva una figura marketing. Quindi quando sono arrivata mi sono ritrovata con persone che non sapevano esattamente io cosa potessi fare per loro e per l'azienda. Questo ha fatto sì che, portando il pacchetto di varie esperienze avute, si è riuscita non solo a integrarmi, ma a fargli vedere qual è il valore effettivo della funzione. Ho avuto occasione di conoscere diversi ragazzi che avevano appena finito il percorso di studi in triennale e si dovevano approcciare a la specializzazione o a qualsiasi cosa gli si aspettasse in futuro all'interno di questo network che si chiama Nova, che mette in collegamento professionisti a livello anche lì globale, e anche studenti. Quindi mi hanno chiesto se mi andava di raccontare la mia esperienza lavorativa e interagire con loro e mi faceva sorridere quanto le domande fossero sempre legate un po al salario, alla fine dei conti.

Francesca Oberti:

No, cioè quanto velocemente cresco e quanto guadagno.

Francesca Oberti:

Che che l'ho trovato un po' molto pragmatico, per amor di Dio, perché è corretto, però limitante nel senso che, secondo me, lavorare nel marketing ti permette appunto, come vi dicevo prima, di mettere insieme due elementi che di solito sono in contrasto, ma in realtà c'è appunto un potenziale messo insieme enorme, che è quello della creatività e della parte analitica.

Francesca Oberti:

Cioè, quando si lancia una campagna, per forza di cose bisogna stupire, bisogna lasciare il segno e quindi la parte creativa è fondamentale. Ma se non tracci il percorso che stai facendo a livello di risultati, raggiungimento dell'obiettivo, e non si prendono in considerazione questi dati anche per cambiare in corsa d'opera la campagna che è stata lanciata e mig'elemento fondamentale per chi vuole avere una carriera nel mondo marketing nuovi modi di comunicare, nuovi modi di raggiungere il proprio obiettivo e i propri clienti. Quindi bisogna sempre essere un po' attenti a quelle che sono le novità attorno, un po' curiosi nell'indagare. A volte le idee migliori arrivano da situazioni non legate al mondo del business o dalla chiacchierata con tua nonna, perché scopri che, appunto, magari si può fare qualcosa che non si era venuto in mente prima.

Daniele Di Veroli:

Assolutamente. Vorrei che tornassi su questo tema delle soft skills per due ragioni Il primo è che secondo me la formazione continua è fondamentale, soprattutto nell'epoca dell'AI e, diciamo, il TED, ma anche internet stesso ci permette di accedere a tutta una serie di informazioni a cui dieci anni fa o quindici anni fa non potevi accedere. Quindi, se ti vuoi formare che ne so in ambito di finanza personale piuttosto che di cucina, non lo so puoi farlo tramite la tecnologia. Quindi, questo primo aspetto, parlando con tanti ragazzi ho riscontrato quello che tu dici, cioè anche noi siamo parte della yolo generation, all in live once, ma in qualche modo c'è un, ci hanno sia stata passata un'etica del lavoro, del fatto che comunque le cose le ottieni con la fatica, con l'impegno, con la perseveranza.

Daniele Di Veroli:

Quindi, in questo senso vorrei che approfondisse il tema del soft skill anche rispetto a, secondo me e anche qui vorrei il tuo parere rispetto a un approccio della cooperazione aziendale. Cioè, secondo me, di persone brave, tecnicamente, competenti, tecnicamente, ce ne sono tante. Però quando lavori in team e magari devi risolvere un problema, la persona che ti aiuta a risolvere il problema piuttosto che aggiungerne un altro è poi quello con cui preferisci lavorare e con cui, come dire, poi costruisci magari le cose che hanno davvero successo.

Francesca Oberti:

Dicevo prima che la cosa che mi ha colpito più in Google era proprio questo, cioè vedere persone che erano tecnicamente superiori probabilmente a qualsiasi altra figura avessi mai incontrato, ma poi erano veramente bravi nella interazione, nella collaborazione, a fare gli speaker.

Francesca Oberti:

Cioè io prendevo a persona più nerd e lo dico perché lo usi tu, perché di solito, essendo una persona di marketing, mi vietano di farlo e lo mettevo sul palco ed era sembrava facesse public speaking da sempre ed è quello che mi ha sempre colpito di queste figure, come dicevi tu, in cui non c'è solo una competenza hard ben definita, dove sono i migliori, ma la capacità di spaziare in quelle che sono invece le competenze definite skill soft, scusami, dove però emergevano.

Francesca Oberti:

Anche in quello quindi un po' anche invidia, nel senso non puoi essere braro del proprio lavoro, quindi devi essere bravo in quello che fai, devi saperlo fare, come dicevi tu, devi essere formato continuamente anche su quella che è la parte della tua competenza di base lavorativa, ma bisogna sempre esplorare tutte quelle che sono invece le competenze che ruotano attorno, che spesso purtroppo, secondo me, vengono considerate secondarie, non tanto da chi vive la collaborazione aziendale ma chi la governa. Poi una risorsa si basa più su quanto effettivamente brava nel proprio lavoro, inteso il task che ti ho dato. Come lo hai portato a termine? più che in che modalità, cioè, l'hai fatto nelle ore giuste di lavoro. Noi siamo, come dicevi tu, la scuola lavorativa del. Devo dimostrare, devo fare del se scuole 18, se facendo mezza giornata.

Francesca Oberti:

Mi è capitato di sentirlo dire, purtroppo anche recentemente abbiamo vite umane ed è una battuta che non mi è mai piaciuta e Quindi vedere se appunto si raggiimento dell'obiettivo. Per chi lavora e soprattutto per le nuove generazioni, non è più così. Io vedo una forte differenza tra chi ha più esperienza di me e chi ha iniziato a lavorare recentemente o ha meno anni di esperienza. Lavorare recentemente o a meno anni di esperienza si dà un peso e secondo me è corretto alla cultura aziendale, a come si collabora, a quanto l'azienda investe sulla creazione di nuove competenze, sulla formazione delle persone. E secondo me è corretto, perché è una vista un po cieca quella di un'azienda che si basa la valutazione di una risorsa su quanto effettivamente sei bravo nel fare il pezzettino che ti chiedo e non nel collaborare. Se non sei curioso, secondo me non puoi portare, come dicevo prima, un valore aggiunto se non quello del mero compitino e non bisogna essere curiosi solo in quello che si conosce, quindi nell'approfondire le novità nel proprio ambito.

Francesca Oberti:

Ma secondo me è importante spaziare Come esperienza personale. Ad esempio, io mi lancio sempre in queste network di queste organizzazioni. Ad esempio faccio parte di Citec, oppure, dicevo prima, nova, che sono queste organizzazioni che organizzano non solo momenti di networking, quindi dove si ha la possibilità di conoscere altri professionisti o altre professioniste, ma anche formazioni sulle tematiche più disparate, cioè, ad esempio, ho partecipato recentemente a un workshop che riguardava la gestione migliore della colla, cioè 30 o 1 ora i minuti della call, come ottimizzare questo tempo che si ha a disposizione. Che può essere magari considerata una sciocchezza, ma considerando il numero di ore che passiamo in call, oggettivamente mi aveva incuriosito e qualche best practice me la sono portata a casa capisco perché a me prendono in giro per le ore che passo davanti a YouTube dicendo ma tu stai, ma io sto lavorando, no, Ma tu stai lavorando esatto, io sto lavorando.

Daniele Di Veroli:

Però in questo senso mi viene in mente una cosa. Allora ne parlavo ieri con un amico che si occupa di intelligenza artificiale. Lui, tra le altre cose, è un programmatore e appena diventato psicoterapeuta, quindi fa formazione sulle AI in un ambito un po' di confine tra la psicologia e le AI. Però quello che gli dicevo e vorrei sapere qual è il tuo parere adesso parlavamo di tool dei AI quanti ce ne sono, che cosa ti permettono di fare? adesso parlavamo di tool di AI, quanti ce ne sono, insomma, che cosa ti permettono di fare, io dico guarda, io questi giorni sto cercando di investire tempo soprattutto nell'imparare la gestione del tempo. cioè questi tool sono fantastici, però hanno talmente tante possibilità che però il segreto, secondo me, è dare delle priorità e saper no come dire darsi degli obiettivi e gestire il proprio tempo, perché sennò ti perdi in mille rivoli. Tu come la gestisci questa cosa, come la risolvi, come la vivi?

Francesca Oberti:

Io sono sempre stata abbastanza brava nella gestione mia personale, nel senso, appunto, darmi queste priorità tra le varie task e portarli a termine in base all'ordine che mi ero prefissata. Ho trovato molto più difficoltà nel gestire dei team, nel senso che l'esercizio che ho trovato complicato è stato quello di non trasferire la mia idea di risoluzione di quel task. Quindi io, francesca so che normalmente per fare questa attività impiego un'ora ok, quindi dopo questo task a un'altra persona e mi aspetto che mi restituisca il lavoro in un'ora, come l'avrei fatto io. E questo è un esercizio che all'inizio ho fatto veramente fatica a rimodellare, quindi a comprendere come esattamente nella gestione di più persone, però nel portare a casa poi il stesso numero di obiettivi e di task, poteva integrarsi, interagirsi meglio. Vero che appunto, la cosa bella delle aziende o la cosa brutta delle aziende è che sono fatte da persone.

Francesca Oberti:

Quindi bisogna essere capaci poi di rivedere ed essere flessibili nel rivedere quelli che sono un po' il proprio mindset, il proprio modo di lavorare, in base anche a chi sono le persone che si hanno davanti. Io, ad esempio, sono una persona molto precisa, ormai faccio questo lavoro da un po' di anni, quindi so calibrarmi a livello di task e tempo. Ci sono persone che invece magari hanno un modo di approcciare il singolo task in maniera diversa, lo affrontano anche magari con più ansia, e quindi magari è necessario un triplo rework rispetto a qualcosa che poteva essere pronto subito. O magari sono precipitose, quindi ci si lanciano, viene fatto tutto rispetto all'ora prefissata, in un quarto d'ora, ma poi in realtà bisogna rifarlo x volte, anche perché, essendo ormai diffusi, non siamo né in ufficio tutti i giorni. Ma anche se fossimo in ufficio tutti i giorni saremmo in uffici diversi.

Francesca Oberti:

Quindi a volte per creare legame anche con il team e creare questa elasticità e questa collaborazione naturale, abbiamo più momenti durante la settimana in cui vediamo insieme i task di tutti quanti, proprio per un po' creare ownership della singola attività, ma anche per dare evidenza a tutti quanti di come quella persona è solita lavorare e di come si può collaborare insieme si è toccato un punto interessante rispetto alla leadership saper delegare secondo me è già segno che dicoi imparare a gestire un team.

Daniele Di Veroli:

Io ho fatto tanta fatica negli anni. Credo di aver fatto qualche piccolo passo, ma ovviamente tocca sempre lavorare. Soprattutto mi ha colpito non so se tu lo conosci Simon Sinek. No, allora è un motivatore, un podcaster, lui ha un'azienda. No, rispetto a quello di cui tu parlavi, da una parte dice quando arriva qualcuno che lavora con te, magari un tuo, diciamo virgolette sottoposto, cioè una persona su cui tu hai un potere, e magari lo vedi che è preoccupato, è triste, tu non lo sai quello che è successo nella sua vita.

Daniele Di Veroli:

Magari ha il figlio piccolo che sta male, magari ha litigato con la compagna, magari ha un genitorio che non sta bene, magari mille altre cose. Quindi tu trattalo sempre con gentilezza. E quando mi è capitato di lavorare con imprenditori o comunque persone di grande successo, l'aspetto umano in quelli veramente bra è che, per esempio, quando entrano nelle riunioni, oppure in questo caso di questo regista, quando arrivava sul set, che cala il silenzio, ma non perché le persone sanno cosa dire, ma perché tutti sono concentrati nel vedere cosa farà questo è guadagnata, nel senso che, una volta che dimostri sul campo, secondo me non c'è bisogno poi di doverlo sottolineare a parole o coi gesti.

Francesca Oberti:

Quello che noto è quando le persone, appunto, tendono a evidenziare il ruolo che occupano in azienda o a creare questa differenza di status mentre ti parlano, è che perché probabilmente si sentono non così sicure di quelle che sono le loro competenze, di quello che sanno fare. Una persona che è davvero brava, appunto, conquista sul campo la fiducia e il rispetto delle altre persone. Secondo me, come dicevi, tu cala il silenzio perché tu vuoi sapere cosa da dire questa persona. Prenda le sue labbra, sai già che quello che dirà probabilmente sarà per te utile o fondamentale nel tuo lavoro. Diverso, quando una persona arriva e ti dice ciao, io ho tre livelli sopra di te e io già perdo attenzione.

Francesca Oberti:

Quindi, secondo me le nuove generazioni sono molto più vicine a questo mindset, cioè apprezzano molto di più figure di questa tipologia e e molti manager o anche middle management stanno cercando di adottare questo approccio, cosa che quando ho iniziato a lavorare, in realtà era totalmente il contrario, cioè era la scuola del se io sono qua e tu sei di là, io sono seduto, tu stai in piedi. Oppure se c'è uno sgabello alto e quello basso. Io mi siedo su quello alto, così ti guardo dall'alto verso il basso. Sono contenta di vedere che sta cambiando un attimo il mindset in generale, perché si ha molto più da imparare da persone di questa tipologia, cioè dove non perdono tempo, secondo me, a evidenziare le differenze, ma il tempo che hanno con te lo investono per dirti qualcosa e tendenzialmente queste persone quando dicono qualcosa è importante, io c'è uno degli equity partner dell'azienda in cui lavoro che è così, cioè è difficile da raggiungere, nel senso che super impegnato, magari entra nel meeting un quarto d'ora dopo, esce un quarto d'ora prima, cioè arriva e dice tre parole.

Francesca Oberti:

Quelle tre parole hanno svoltato l'intera call. Perché sono così? hanno una marcia in più e semplicemente respirando lo stesso ossigeno ti sembra di apprendere qualcosa questo secondo me è una grossa.

Daniele Di Veroli:

Sembra un passaggio piccolo, invece secondo me fa un tanto la differenza hai ragione.

Francesca Oberti:

E aggiungo, tra l'altro, che appunto mi dicevi prima sono la prima donna all'interno del podcast, spesso sono l'unica donna all'interno della sala e a volte anche dal punto di vista appunto di parità del genere c'è ancora un po' di lavoro da fare, nel senso che a volte questo rispetto che bisogna guadagnarsi, io lo percepisco molto a livello di donna in un ambito, poi appunto lavorando in un ambito STEM figurati, cioè siamo praticamente contate. A volte è difficile anche quello. Trovi molte persone che correttamente non hanno pregiudizi, ne trovi molte altre che sono ancora un po' ancorate a un sistema no-transcript, insomma, ci sono sempre più donne che parlano di questo argomento. Si sta un attimo rompendo il silenzio attorno, che non è una denuncia, è semplicemente raccontare quello che è la situazione ancora oggi. Però siamo alleate, ce ne sono tante, iniziamo a esserci, almeno non ci si sente più così sole no, esatto, mi colpisce rispetto a quello che dicevi, che debbano farlo le donne.

Daniele Di Veroli:

Cioè, secondo me, anche in questo senso gli uomini dovrebbero fare di più, nel senso che cioè, come dire, siamo uguali, cioè siamo simili, uguali, no, siamo simili. E quindi in questo sen, quindi in questo senso, secondo me, come dire, la creatività femminile, il fatto di essere accoglienti, tutta una serie di caratteristiche che sono tipicamente femminili, secondo me sono un valore aggiunto a livello, come dire, di società, ma anche, ovviamente anche nel mondo del lavoro. E questo mi colpisce tanto che, per esempio, leggevo recentemente uno studio rispetto alla differenza dei salari nel nostro ambito, che è notevole parliamo di almeno un 35% nell'ambito IT tecnologico tra donne e uomini all'euro di retribuzione a parità di ruolo.

Francesca Oberti:

E già questo è una cosa impensabile, secondo me, una cosa incredibile appunto quando mi dicono ma non è vero che c'è questa disparità, poi guardi al dato e dici ma come fate a dire che non è vero? Cioè, mi piacerebbe non lo fosse. Figurati, stiamo parlando delle mie tasche, ma sono proprio i dati oggettivi che spaventano, senza parlare poi invece di situazioni che magari non emergono. Magari è una disparità minima, però la percepisci giornalmente. Non è per niente piacevole e tra l'altro ti dicevo prima non siamo tante in azienda. Se guardi al numero di donne, le discipline stem sono pochissime e all'interno della piramide sono sempre nella parte bassa, quindi sono tutte professioniste o giovane o comunque all'interno di tot anni di esperienza all'interno del mercato. Più si sale, è più difficile trovare donne manager o leader.

Daniele Di Veroli:

Oggi c'è una nuova tendenza, quella della ceodonna, che ben venga, però sono sempre un numero veramente ridotto sì, poi in questo senso è più di forma che di sostanza, secondo me, nel senso, magari metti un CEO donna che però è un sergente di ferro, mentre invece proprio parliamo delle strutture aziendali. Ma se me vale proprio in generale per la società, l'apporto che possono dare le donne, appunto, come ti dicevo prima, con la loro creatività, con la loro fantasia, secondo me è una cosa che cioè, essendo le aziende, come dire, strutture sociali, è una cosa che farebbe tanto la differenza all'estero. Secondo me alcune cose sono più sdoganate, non tutte, però sicuramente diciamo all'estero gli ambiti sono più meritocratici quindi in questo senso, questo, secondo me, la meritocrazia aiuta, in questo senso la tecnologia ci aiuta.

Daniele Di Veroli:

Il fatto di usare la tecnologia ci permette di avere un work-life balance, come si dice adesso, notevole, perché, volendo, tu potresti lavorare a deadline in un mondo ideale e andare in ufficio, se serve, per fare le riunioni, per contare le persone dal vivo.

Francesca Oberti:

Lo smart working ha sicuramente svoltato, come dicevi tu, questo bilanciamento, perché era impossibile pensare che due componenti della stessa famiglia sparissero otto ore al giorno, tutti i giorni feriali, e invece questo permette una gestione anche della dimensione casa, perché comunque abbiamo anche una vita personale molto, molto più flriversibile. Quando sento infatti aziende anche gigantesche che dicono basta, torniamo solo alla presenza, non lo so, è un po' spaventoso come immaginario, cioè remote working, smart working non c'è da così tanto tempo in tutte le aziende. Cioè è stato sicuramente l'emergenza covid che ha spinto ad un'adozione molto più strutturata e forte all'interno delle aziende. Ma appena parlavamo recentemente con i miei colleghi, cioè quando andavamo tutti i giorni in ufficio, ci sembra secoli, secoli fa. Parliamo del 2019-2018, tutti i giorni in ufficio ci fa impazzire, ci chiediamo come facevamo andare tutti i giorni in ufficio, cioè solo il tempo di spostamento, la pausa pranzo, in giro per ristoranti, cioè è tutto un mondo quasi preistorico. Eppure non è neanche così remoto e le tecnologie già c'erano anche prima.

Francesca Oberti:

Se ci pensi, cioè per fare smart working bastava e basta un computer e una connessione internet e nient'altro. Eppure non è stata la tecnologia, secondo me, a rendere questa work life by lan più bilanciata l'introduzione dello smart working, ma il fatto che culturalmente c'è stato questo switch nella testa di tutti, a prescindere principalmente dai lavoratori che hanno detto ma se lo posso fare? se noti che sto facendo la stessa attività senza che mi guardi, se noti che sto facendo?

Daniele Di Veroli:

la stessa attività senza che mi guardi. Forse la faccio anche meglio, forse la faccio più velocemente, forse faccio di più, perché ormai non c'è più un off a un certo punto. Per quale motivo mi devi vedere seduto alla scrivania? tema di leadership, cioè se sei sicuro di quello che fanno le persone che lavorano con te, non hai bisogno di vederle e di controllarle. Diciamo questo. Se no, è un problema di alcune aziende. E io devo dire, per esempio, personalmente preferisco lavorare a scadenze. Cioè io so che il giorno tot sia io, rispetto ai miei clienti, che le persone che lavorano con me. Si sa che il giorno tot devi consegnare una cosa. Il modo in cui lo fai mi interessa relativamente. La cosa importante è che mi posso fidare che mi consegno e che realizzi quello che devi nei tempi corretti.

Francesca Oberti:

Sì, la cosa che mi fa impressione è il fatto che, appunto, a livello di strumenti tecnologici non c'è stata differenza. Non è che per fare smart working cioè forse abbiamo comprato tutti una sedia più comoda più che uno strumento tecnologico non c'è stata differenza. Non è che per fare smart working forse abbiamo comprato tutti una sedia più comoda più che uno strumento tecnologico. Per farlo, a volte proprio per l'adozione della tecnologia anche in maniera massiva, serve forse una spinta appunto più di mindset che di strumento in sé. E magari è così anche con le AI. Nel senso adesso ci sono tutte le discussioni di ci piace o ci fa paura. A volte invece magari è semplicemente la timidezza nell'utilizzarla o l'inconsapevolezza. Come dicevamo prima, alla fine lo smart working avremmo potuto farlo anche molti anni prima, cioè bastava internet e un personal computer. Quindi avremmo potuto sdoganarlo molti anni prima del covid avremmo potuto sdoganarlo molti anni prima del covid?

Daniele Di Veroli:

Assolutamente assolutamente sì. Ci sono diverse aziende che io conosco che hanno chiuso completamente uffici, ma negli ambiti più diversi dal fintech, anzi nemmeno dal fintech dal finanziario al culturale, proprio hanno chiuso. E questo poi ha fatto sì che chi era sopra i C-level si rendessero conto, o i C o direttamente si rendessero conto che questa cosa portava anche vantaggi economici. Però, come dicevi tu prima, per concludere volevo chiederti un po' rispetto a questa cosa dell'intelligenza artificiale. Cioè è un dato, lo dicevamo prima, che l'intelligenza artificiale toglierà anche tanti lavori, ne creerà di nuovi, ma ne toglierà moltissimi. Tu in questo ambito ci lavori tutti i giorni perché DAT fa esattamente questo, cioè si occupa di AI. In questo senso l'AI è uno strumento che democratizza. Ma secondo te quali sono, riassumendo, le skill necessarie per sopravvivere a questa, diciamo onda, a questa cascata che sta arrivando? e rispetto a questa cosa, come vedi il futuro?

Francesca Oberti:

Per guardare il futuro. Mi rifaccio un attimo al passato perché ho letto recentemente questo che considero un fun fact, ovvero quando sono stati lanciati i primi personal computer, quindi la possibilità di avere ogni singolo individuo una postazione computer all'ufficio o a casa, e le riflessioni che emergevano erano identiche a quelle che stiamo affrontando oggi con le AI, cioè la paura poteva essere che rendesse i lavoratori più pigri perché quello che prima facevano non lo avrebbero più fatto loro, ma lo faceva la macchina direttamente. Quindi ad esempio, il calcolo non più umanizzato ma attraverso il macchinario, oppure quell'insieme di professioni che sarebbero andate poi a sparire perché c'era una macchina che lo faceva in automatico e non più la persona. Quindi erano le stesse discussioni sulle opportunità e le stesse discussioni sulle minacce. E questo era all'inizio degli anni 90. Ora, io ero una piccolissima bambina, quindi non ho memoria.

Francesca Oberti:

Riguardo, però, mi sembra di dire che oggi, a 30 anni e più di distanza, lo strumento non ha creato queste grandi divergenze, cioè è diventato uno strumento fondamentale, non solo nella vita lavorativa ma anche personale. Lo considero uno strumento mi abilita in quello che faccio. Non lo fa al posto mio perché, ti giuro, daniele, era quello che ce l'ha scritto, era uguale. Ci sostituisce il computer. Quindi no, secondo me no, continuerà a essere uno strumento che ci permetterà di vedere nuove possibilità in quello che facciamo.

Francesca Oberti:

Ad esempio tu dicevi prima ad esempio il targeting già esiste, però con l'intelligenza artificiale o generativa lo si può fare in maniera molto più veloce, in maniera molto più puntuale e creando appunto delle risposte per l'utente stesso diverse, risposte per l'utente stesso diverse. Quindi io vedo solo in questo momento la possibilità di aggiungere dei nuovi sfumature al lavoro che già facciamo. Poi alcune sicuramente attività verranno riviste. Poi lì è sicuramente un argomento che quasi tocca la politica, cioè la riqualificazione delle persone o delle figure che verranno limitate, sostituite dall'intelligenza artificiale. Però a livello di concept generale secondo me può solo dare una spinta a quello che facciamo. Lo vedo proprio come abilitatore.

Daniele Di Veroli:

Senti invece l'avvento degli agenti. Non so se hai visto Claude, che insomma adesso è uscito una versione di Claude che prende il contatto del computer e fa quello che tu gli dici di fare, oppure che ne so. Gli agenti del tipo tu oggi puoi dire a c'è GPT, programmami un viaggio alle Canarie per il prossimo weekend, ma gli puoi dire prenotamelo, diciamo. Gli agenti invece no, sono quelli che nel giro di qualche mese, adesso con l'avvento dei primi modelli, permetteranno anche di finalizzare, di fare quell'altra parte che è la parte che manca. Tu in questo senso, anche rispetto a questa cosa sei convinta che, come dire, non supererai i limiti.

Francesca Oberti:

Non lo so, è quello che dicevamo prima. Sicuramente l'abbiamo visto, non so. Mi viene in mente l'autostrada con gli sportelli Eravamo abituati alla persona a cui davamo il contante e oggi è quasi tutto automatizzato. Quindi la tecnologia non le hai, ma secondo me proprio la tecnologia in sé in un modo o nell'altro porta a delle modifiche, a dei cambiamenti nel paradigma di come consideriamo quel lavoro. Quindi, che ci siano delle sfumature non positive, sì, ma proprio perché si trasforma il lavoro. Non è detto però che la componente umana o le skill che quelle persone hanno non possono essere utilizzate in altri ambiti. Sempre un altro esempio stupido in cui non si parla di AI, ma di un'altra tecnologia Quando andiamo a fare la spesa c'è la cassa automatica. Quante volte non funziona, quante volte si blocca? C'è sempre, in realtà, il supporto umano. Quindi, secondo me è vero, alcuni lavori verranno per forza di cose ridimensionati, ma non è detto che non sia necessaria la componente umana o che quelle componenti e quelle skill che una persona ha acquisito in anni e anni di esperienza non si ritrovano ricollocate in altra maniera.

Daniele Di Veroli:

No, no, no, indubbiamente, questo sì, anche io ho una visione ottimista, diciamo, del futuro. Questo sì. Prima hai parlato della granularità del dato. No, in questo senso, secondo me avere uno strumento che razionalmente è più intelligente di noi, cioè ha un QI maggiore al nostro, pone una serie di quesiti, come lo pone il fatto, per esempio, che in America ci sia una serie di discussioni rispetto al fatto che Alexa è il tool che viene utilizzato di più per raccontare le storie ai bambini piccoli, e quindi i bambini piccoli interagiscono con Alexa come se fosse un mago. E questo pone una serie di domande che, insomma, sicuramente approfondiremo poi più avanti, magari in qualche prossima puntata del podcast, perché è un tema interessante che però, diciamo, in questo momento richiederebbe un'altra.

Francesca Oberti:

Un'altra ora e mezza.

Daniele Di Veroli:

Un'altra ora intera, che possiamo sicuramente fare, ma insomma, per il momento diciamo, mi fermerei qui. Volevo chiederti, per chiudere, se c'è qualche progetto o qualche esperienza chiave di cui sei orgogliosa, che rappresenta un po' il tuo modo di pensare, il tuo modo di essere. Non deve essere necessariamente qualcosa legato al lavoro. Anche qualcosa legato al passato, all'infanzia, un'esperienza, qualcosa che per te sia stato significativo, magari in rapporto anche all'innovazione e alla tecnologia è la domanda più difficile che mi hai fatto in queste ore e mezza.

Francesca Oberti:

Ti dirò, in realtà è sempre legata al mio lavoro Come figura marketing. Accade raramente di no-transcript diversa, utilizzando strumenti totalmente diversi e richiedendo skill totalmente diverse. Cioè, ad esempio, quando ci siamo occupati della prima rebranding, i social media era importante, già esisteva da diversi anni, ma non è stato il canale di lancio principale o dove il maggiore investimento era stato allocato. Oggi invece, per il lancio di datto invece siamo praticamente lanciati sul digitale, cioè sui social media, su campagne SEMMA e tantissimo sulla parte di influencer marketing, figure che sicuramente non esistevano, soprattutto per l'ambito tecnologico B2B all'epoca. Quindi questo per dire come a volte le stesse attività, gli stessi lavori a distanza, soprattutto adesso a una velocità sorprendente, abbiano sfumature totalmente diverse e implicano tecnologie o modus operandi, mentalità totalmente diversa.

Francesca Oberti:

Cioè perché mi piace tanto il mio lavoro? è perché faccio lo stesso da 12 anni, le stesse identiche cose con gli stessi identici obiettivi, con lo stesso identico ROI, ma utilizzando canali, applicando strategie totalmente sempre diverse. Cioè è una scoperta continua. Vuoi anche perché la tecnologia e l'innovazione oggi si stanno evolvendo a una velocità sorprendente, se pensi anche proprio alla storia del marketing. Scusa se torno sempre sul marketing, ma il marketing tradizionale nasce negli anni 50 più o meno, e rimane sugli stessi canali e con le stesse newsletter. Poi 2010, social media è tutto nel continuo evoluzione, per quanto poi possa sembrare il lavoro sempre abbastanza simile a se stesso. Quindi per questo ho questo entusiasmo anche per la tecnologia, cioè sono curiosa di quello che potrò fare domani.

Daniele Di Veroli:

Oggi non riesco a fare certo è un bellissimo approccio, questo, secondo me, unito all'aspetto umano e all'aspetto di relazione, che nel marketing poi è fondamentale perché, insomma, per chiudere i deal di quello, che c'è bisogno però no, no, assolutamente. Guarda, francesca, io ti ringrazio veramente tanto. È stata una discussione estremamente interessante e immagino lo sarà anche per i nostri ascoltatori. Quindi io ti ringrazio, ancora e do appuntamento a tutti al prossimo episodio.

Annunciatore:

Se ti è piaciuto Innovation Stories e sei un'azienda o un creativo in cerca di innovazione digitale e vuoi sapere come usare al meglio l'intelligenza artificiale, sono qui per aiutarti a crescere attraverso consulenze personalizzate, formazione su misura e produzioni immersive con contenuti cross mediali. Grazie a tutti alla creatività per approfondire temi di innovazione e crescita personale. Non perdere l'occasione di trasformare le tue idee in realtà no-transcript.

People on this episode

Podcasts we love

Check out these other fine podcasts recommended by us, not an algorithm.

Plannix - Il Podcast sulla Finanza Personale Artwork

Plannix - Il Podcast sulla Finanza Personale

Luca Lixi, Lorenzo Brigatti, Matteo Cadei, Andrea Bosio, Lorenzo Volpi